24/10/2017

Artrosi

L’artrosi è una degenerazione delle articolazioni, caratterizzata da un progressivo consumo della cartilagine che le ricopre e da un’alterazione e diminuzione del liquido sinoviale, un composto oleoso molto viscoso, che ha funzione lubrificante, ammortizzante e nutriente.

Come risultato di questo processo le due estremità delle ossa (capi ossei) che compongono l’articolazione entrano in contatto e sfregano l’una contro l’altra, provocando la formazione di becchi ossei (chiamati osteofiti) e ostacolando i movimenti.

Nella maggior parte dei casi, la malattia non è localizzata in un’unica parte del corpo. La colonna vertebrale è una delle aree più soggette al problema.

I fattori di rischio

L’artrosi non è solo una conseguenza dell’invecchiamento cui va incontro l’organismo, ma è una vera e propria malattia su base genetica: tende, infatti, a colpire con maggiore frequenza le persone che hanno altri casi di artrosi in famiglia. Le più soggette al problema sono le donne e chi presenta uno o più dei seguenti fattori di rischio:

sovrappeso di una certa entità;

sedentarietà;

malattie e traumi alle ossa;

alterazioni della postura e scoliosi;

uso eccessivo dell’articolazione (l’artrosi alla schiena è più comune nei lavoratori che la sottopongono a grandi sforzi, come muratori, trasportatori, infermieri).

I sintomi

Solo alcune delle persone colpite da artrosi soffrono di mal di schiena. Spesso, infatti, la malattia è silenziosa e si manifesta dopo diverso tempo.

Quando compare, comunque, il dolore si accentua durante il movimento e alla sera, mentre tende a scomparire a riposo. Talvolta, soprattutto al mattino, può subentrare anche una rigidità, che rende difficile muovere le articolazioni.

Con il tempo, si può arrivare a una deformazione anatomica e a una limitazione funzionale, cioè una vera e propria impossibilità di compiere certi movimenti.

Gli osteofiti, talvolta, provocano l’irritazione di alcuni nervi e quindi dolore, formicolio e intorpidimento di alcune aree del corpo.

Le cure

L’artrosi non va sottovalutata: è vero che non può essere curata definitivamente. Tuttavia, è possibile controllare i sintomi e la perdita funzionale. In primo luogo, spiegando alla persona come usare correttamente la colonna e quali sforzi evitare per non peggiorare la situazione (per esempio, per sollevare un peso, imparare a fare leva sulle cosce con le ginocchia piegate e non sulla schiena incurvata).

Anche il movimento è di grande aiuto: infatti, aiuta a contrastare il processo degenerativo. Sono consigliate soprattutto le ginnastiche “dolci”, come lo stretching, lo yoga, il nuoto, che prevedono esercizi non troppo impattanti per le articolazioni.

Solo durante la fase acuta della malattia, quando il dolore è molto forte, può essere d’aiuto stare a riposo.

Pure la fisioterapia costituisce un valido aiuto in caso di artrosi, sia per ridurre l’uso dei farmaci sia per ottenere un migliore controllo del dolore. Lo specialista imposterà il programma fisioterapico più adatto alla situazione, a base di esercizi riabilitativi specifici e/o applicazioni locali di calore (per esempio, tramite l’uso di lampade a infrarossi o di ultrasuoni). In alcuni casi, il medico potrebbe consigliare anche l’uso di fasce che sostengono gli addominali.

I farmaci e la chirurgia

Nelle fasi acute, per mitigare il dolore, il medico potrebbe consigliare l’uso di farmaci antidolorifici e, se è presente anche infiammazione, di farmaci antinfiammatori. Entrambi andrebbero presi solo al bisogno, cioè quando i sintomi diventano insopportabili. Il loro abuso, infatti, può causare effetti collaterali a stomaco, reni e cuore.

In molti casi si usano specifici integratori, in compresse o bustine, contro l’usura della cartilagine. I più diffusi sono quelli che contengono i condroprotettori, sostanze che sembra siano in grado di stimolare e proteggere i condrociti, le cellule che costituiscono l’impalcatura della cartilagine.

Negli stadi più avanzati della malattia, quando i sintomi sono particolarmente accentuati e l’articolazione è molto compromessa, si può ricorrere al trattamento chirurgico per l’asportazione degli osteofiti ed eventualmente per la decompressione del midollo.