16/09/2020

Anemia e policitemia

Le varie componenti del sangue, cioè i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine possono sviluppare patologie più o meno serie. Tra le malattie dei globuli rossi una delle più comuni è l’anemia, caratterizzata da una diminuzione di queste cellule. Meno comune la policitemia, dove si verifica una proliferazione di globuli rossi.

L’anemia

L’anemia è una condizione caratterizzata dalla carenza di due elementi del sangue:

– i globuli rossi, che insieme alle piastrine e ai globuli bianchi costituiscono la parte corpuscolata del sangue;

– l’emoglobina (Hb), la molecola contenuta proprio nei globuli rossi, che ha il compito di trasportare l’ossigeno agli organi.

In genere, si parla di anemia quando i valori dell’emoglobina scendono sotto i 13 grammi per decilitro (g/dl) nell’uomo e i 12 g/dl nella donna.
Esistono però anche altri modi per definire la malattia, fra cui valori di ematocrito inferiori al 40% nel caso degli uomini e al 37% nel caso delle donne.
In ogni caso, le conseguenze non cambiano: il sangue non riesce a trasportare una quantità sufficiente di ossigeno e a soddisfare così i bisogni dei diversi tessuti e organi del corpo.
L’anemia può essere transitoria o cronica e variare da lieve a severa. Il rischio è maggiore nelle donne e in persone con malattie croniche.

Come si manifesta

Tutto l’organismo risente della scarsa ossigenazione e subisce un indebolimento generale. All’inizio l’anemia può anche essere asintomatica, ma con il passare del tempo compaiono quasi sempre dei disturbi.

I sintomi più frequenti sono una sensazione di stanchezza, immotivata e prolungata, e un pallore, della pelle, ma anche di mucose, gengive, labbra e congiuntive.

Altri segnali comuni sono: mancanza di appetito, difficoltà di concentrazione e memoria, tachicardia o comunque irregolarità del battito cardiaco, fragilità delle unghie, scarsa resistenza agli sforzi, affanno respiratorio, dolori al petto, vertigini, problemi cognitivi, mani e piedi freddi e mal di testa. Questi sintomi sono particolarmente evidenti se l’anemia dipende da una carenza di ferro, elemento fondamentale per la costituzione dell’eme (complesso chimico formato proprio da ferro).

Talvolta possono comparire anche svenimenti. Alcune forme di anemia sono associate anche a un ingrossamento della milza.
Se si notano segni sospetti è bene parlarne subito con il medico. Infatti, l’anemia è doppiamente pericolosa: lo è di per sé e lo è perché può essere la spia di una malattia ben più seria.

La più comune: l’anemia sideropenica

Nella maggior parte dei casi, l’anemia è una conseguenza della carenza di ferro: si parla allora di anemia sideropenica.
In effetti, questo minerale è un elemento costitutivo dei globuli rossi e dell’emoglobina: il midollo osseo produce entrambi gli elementi proprio a partire dal ferro. Basti pensare che ogni molecola di emoglobina contiene quattro atomi di ferro. Ecco perché la carenza di questa sostanza comporta la riduzione delle molecole di emoglobina.

Non solo: sono proprio gli atomi di ferro a legare l’ossigeno a livello dei polmoni e a rilasciarlo a contatto con i tessuti. Se il ferro scarseggia, dunque, non solo viene sintetizzata una quantità minore di emoglobina, ma quella presente trasporta con scarsa efficienza l’ossigeno.
Il metabolismo del ferro è molto ben regolato nell’organismo, in quanto un eccesso di questo minerale è particolarmente tossico. Quindi, in caso di perdite croniche la reintegrazione del ferro potrebbe non essere ben compensata. Inoltre, il ferro assunto per bocca è generalmente poco assorbibile.
Alla base possono esserci situazioni diverse: uno scarso consumo di cibi ricchi in ferro; un fabbisogno maggiore del minerale, come succede durante la gravidanza o l’allattamento; perdite abbondanti di sangue con le mestruazioni; una difficoltà cronica da parte dell’intestino ad assorbire le sostanze ingerite con i cibi; un’emorragia continua (magari legata ad altre malattie, come ulcera o neoplasie dell’intestino).

Il ruolo dell’alimentazione

In presenza di anemia sideropenica, in genere, il medico, in associazione ai trattamenti mirati a risolvere la causa alla base, prescrive una cura con preparati farmaceutici a base di ferro (fiale o compresse da prendere per qualche settimana) e una dieta ricca di alimenti contenenti questa sostanza.

I cibi più utili in questo senso sono la carne, il pesce, il tuorlo d’uovo, ma anche la frutta, i legumi e alcune verdure. Tuttavia, occorre sapere gli alimenti di origine vegetale contengono un particolare tipo di ferro, detto ferro non eme, che è meno assimilabile di quello di provenienza animale, detto ferro eme.

I cibi più ricchi di ferro

Ecco alcuni dei cibi più comuni a maggiore contenuto di ferro (Fonte Larn).

Alimento (100g)

Contenuto in ferro (mg)

Milza di bovino

42

Cacao amaro in polvere

14,3

Crusca di frumento

12,9

Fegato di ovino

12,6

Storione, uova

11,8

Fagioli borlotti secchi crudi

9

Fegato di equino

9

Fagioli cannellini secchi crudi

8,8

Rosmarino

8,5

Fagioli crudi

8

Radicchio verde

7,8

Pesche secche

6

Ostriche

6

Cozze

5,8

Muesli

5,6

Albicocche disidratate

5,3

Fiocchi d’avena

5,2

Rucola

5,2

Tuorlo

4,9

Lievito di birra

4,9

Piselli secchi

4,5

Pagello

4,3

Spigola

4,1

Prugne secche

3,9

Cavallo

3,9

Lenticchie secche cotte

3

Agnello

3

Spinaci crudi

2,9

Acciughe e alici fresche

2,8

Bresaola

2,4

Bovino adulto o vitellone

1,8

Le regole da seguire a tavola

1. Preferibilmente, il ferro dovrebbe essere assunto in associazione alla vitamina C: quest’ultima, infatti, aumenta la biodisponibilità del minerale. Via libera, dunque, ai cibi ricchi di questa vitamina, come kiwi, agrumi, peperoni, pomodori, cavoli, broccoli, lattuga. Per esempio, si può condire il pesce con il succo di limone oppure abbinare la carne rossa a un piatto di peperoni.

2. In generale l’assorbimento del ferro è facilitato da tutti gli alimenti che, stimolando le secrezioni dello stomaco, contribuiscono a mantenere elevata l’acidità dell’ambiente digestivo. Ecco perché è utile anche l’uso delle erbe aromatiche (capaci di stimolare le secrezioni gastriche) per insaporire carne e pesce.

3. È sconsigliato mangiare i cibi ricchi di ferro in associazione a:

– cibi che apportano molte fibre, come i cereali integrali, perché ostacolano l’assorbimento del ferro;

– alimenti che contengono tannini, come te, caffè, cioccolato, vino, in alcune erbe, per lo stesso motivo appena descritto;

– cibi ad alto contenuto di calcio e fosforo, come latte, latticini, formaggi. Infatti, i tre minerali entrano facilmente in competizione per l’assorbimento intestinale e in genere la “spuntano” fosforo e calcio.

Altre cause di anemia

Oltre che dalla mancanza di ferro, l’anemia può essere scatenata da altre cause. Le più comuni sono:

– la carenza di vitamine o oligoelementi, per errori nutrizionali o difetti di assorbimento intestinale (anche per colpa di malattie o interventi all’intestino). Anche in questi casi (per esempio nell’anemia megaloblastica) si assiste a una ridotta produzione di globuli rossi. A tal fine, è consigliato assicurarsi il corretto quantitativo di acido folico e di cobalamina (o vitamina B12), due sostanze che contribuiscono alla sintesi dei globuli rossi. L’acido folico è presente soprattutto nei vegetali a foglia verde (come spinaci, broccoli, lattuga), nei legumi, nei germogli di grano, nel fegato, mentre la vitamina B12 si trova in abbondanza solo nei prodotti di origine animale (carne, uova e pesce);

– malattie infiammatorie croniche (come infezioni o tumori), malattie endocrine (per esempio della tiroide), malattie del fegato, alcolismo, diminuzione della funzionalità renale, intossicazione da piombo o assunzione di alcuni farmaci, grave carenza di tessuto emopoietico midollare, da cui deriva uno scompenso di tutte le cellule del sangue (si parla di anemia aplastica): in tutti i casi, si può assistere a un’insufficiente sintesi di globuli rossi;

– un’emorragia, sia evidente (per esempio, a seguito di una ferita o per via genitale) sia occulta, cioè non direttamente osservabile (come per un trauma interno o per emorragie gastrointestinali): in entrambi i casi si verifica una perdita di globuli rossi. Da tenere presente che anche un’emorragia cronica (come nel caso di abbondanti perdite mestruali) determina nel tempo una riduzione del ferro disponibile determinando una anemia sideropenica;

– eccessiva distruzione di globuli rossi, per colpa di altre malattie (come infezioni virali, malaria, toxoplasmosi, leucemia), assunzione di alcuni farmaci (come quelli usati per le medicazioni delle infezioni) o difetti enzimatici o interni al globulo (come nel caso della talassemia e del fauvismo). In pratica, i globuli rossi vengono distrutti a un ritmo talmente veloce da non permettere al midollo osseo di rimpiazzarli. Inoltre, disordini autoimmuni possono far sì che il corpo produca anticorpi nemici dei globuli rossi, distruggendoli prematuramente. In tutte queste situazioni si parla di anemie emolitiche, caratterizzate da un ingrossamento della milza;

– artrite reumatoide: in presenza della malattia, il midollo osseo non riesce a usare efficacemente l’eritropoietina, l’ormone che stimola il midollo osseo a produrre globuli rossi.

Le cure

Naturalmente, in questi casi le cure variano in relazione alla causa scatenante e richiedono un’attenta valutazione da parte del medico.

Per esempio, in presenza di carenze alimentari possono essere indicate terapie nutrizionali e uso di integratori, mentre quando ci sono infezioni può essere necessario il ricorso ad antibiotici.
Se la causa è una perdita di sangue – mestruazioni a parte – la sorgente della perdita va localizzata e fermata.
Nei casi più complessi può essere necessario ricorrere a trasfusioni di sangue.

In conclusione si può affermare che, grazie ai trattamenti, molte anemie possono essere sconfitte o tenute efficacemente sotto controllo.

Il favismo

È un difetto congenito di un enzima normalmente presente nei globuli rossi, la glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, essenziale per la vitalità dei globuli stessi.

Quando la persona carente di questo enzima ingerisce fave, piselli, varie droghe vegetali o alcuni farmaci, si ha un’improvvisa distruzione dei globuli rossi (emolisi) e quindi la comparsa di anemia emolitica con ittero.

L’unica terapia del favismo in crisi emolitica è un’immediata trasfusione di sangue fresco.

Una volta che la malattia è nota, basta evitare di ingerire fave, piselli o determinati farmaci per stare bene.

La policitemia

Si tratta di un aumento del volume dei globuli rossi, e in particolare dell’ematocrito. Ne esistono due tipologie:
– la policitemia primitiva, direttamente associata a incremento nella produzione dei globuli rossi da parte della cellula staminale mieloide, che acquisisce una mutazione che determina vantaggio proliferativo dei precursori dei globuli rossi,
– la policitemia secondaria, che dipende da altri fattori o problemi di salute che influenzano la produzione dei globuli rossi (come l’enfisema, la bronchite cronica, malattie cardiovascolari croniche, apnee del sonno, alterazioni del flusso di sangue ai reni, alcuni tumori).

Le policitemie primitive in genere richiedono una flebotomia (il salasso) o una terapia citoriduttiva, che riduca la produzione di precursori dei globuli rossi nel midollo. Non è poi da escludere che debbano essere assunti dei farmaci, per esempio per ridurre il rischio che si formino coaguli di sangue.

In caso di policitemia secondaria il trattamento deve invece essere mirato a curare la condizione sottostante.