16/02/2018

La chirurgia anti calvizie

Quando la calvizie è nelle fasi iniziali, gli esperti suggeriscono di ricorrere ai farmaci, che aiutano a risvegliare i bulbi “addormentati”. Quando, però, l’alopecia ha provocato danni seri e soprattutto di vecchia data, i bulbi sono ormai atrofizzati e non possono più essere riattivati. L’unica soluzione è allora ricorrere alla chirurgia, che mette a disposizione alcune tecniche per riportare i capelli nelle zone che ormai ne sono prive.

L’autotrapianto dei bulbi

È la soluzione migliore sia per gli uomini sia per le donne: il risultato è naturale e c’è la sicurezza di una totale compatibilità.

La tecnica di autotrapianto consiste infatti nel prelevare i follicoli piliferi dalla regione della nuca e dalle parti laterali del capo e di trapiantarli nelle zone colpite da calvizie.

I follicoli di queste aree, infatti, non sono sensibili agli effetti negativi degli ormoni androgeni e continuano a produrre capelli spessi e lunghi anche in età avanzata.

L’intervento è efficace perché i follicoli trapiantati mantengono la loro insensibilità agli androgeni anche quando sono trasferiti nelle aree androgeno-dipendenti del cuoio capelluto, ossia fronte, tempie e sommità del capo. Questo significa che continuano a produrre capelli.

E, oltretutto, il fatto che i follicoli siano prelevati dalla stessa persona mette al riparo dal rischio di rigetto. 

La tecnica delle unità follicolari (Uf)

L’autotrapianto non è un trattamento estetico, ma un vero e proprio intervento chirurgico. È quindi importante rivolgersi a un chirurgo specialista che esegua l’intervento in un luogo attrezzato.

Si parte con una visita necessaria per escludere che ci siano in corso micosi, problemi di psoriasi o altre malattie che vanno prima curate. In caso contrario, l’intervento potrebbe non avere successo.

Si effettuano analisi del sangue per valutare lo stato di salute complessivo della persona test specifici del capello come il fototricogramma, per capire in quale zona del capo ci siano i capelli migliori.

La tecnica più diffusa prevede il trapianto di unità follicolari (Uf) contenenti 1 o 2 o 3 bulbi ciascuna, per ottenere un risultato estetico naturale.

Il prelievo dei bulbi avviene da una zona del capo dove i capelli sono folti e sani: in genere si tratta della nuca e delle parti laterali della testa: gli esperti la chiamano “corona ippocratica” ed è immune da calvizie.

Individuata l’area donatrice, si effettua un’anestesia locale, praticando alcune iniezioni di xilocaina, un anestetico leggero e in genere ben tollerato. Quindi si procede al prelievo di una sottile losanga di cute.

Si provvede poi a suturarne i margini, eseguendo quella che viene definita “sutura tricofitica” che permette di far ricrescere i capelli lungo la sottile cicatrice rendendola praticamente invisibile. I punti vengono rimossi dopo una decina di giorni.

La striscia di cute con i relativi capelli viene affidata a uno staff specializzato. Questo, dietro guida del microscopio, procede prima alla sua dissezione in tante striscioline del diametro di una o due unità follicolari e, quindi, alla preparazione delle singole Uf.

Si anestetizza quindi la zona da trapiantare e con aghi molto sottili si creano i siti di ricezione, rispettando l’angolo di crescita dei capelli nell’area dove si sta lavorando.

Con estrema delicatezza, per non danneggiarle, si inizia quindi il processo di inserimento delle Uf, che grazie all’impiego di particolari pinzette anatomiche sono mantenute in soluzione fisiologica sterile su contenitori di ghiaccio, per impedirne la disidratazione.

Gli speciali aghi sottilissimi consentono di creare fori “ad alta densità”, ovvero piccoli e vicini tra loro. In questo modo è anche possibile ridisegnare la linea naturale dei capelli rispettandone lo specifico angolo di crescita.

Per tutta la durata dell’intervento, la persona rimane comodamente seduta in poltrona e può rilassarsi conversando con il chirurgo, leggendo o guardando la televisione.

È possibile ottenere un apprezzabile rinfoltimento con un’unica seduta, poiché l’alta specializzazione raggiunta in questo campo permette di effettuare il prelievo e il trapianto di oltre 6.000 bulbi in un’unica sessione.

Nei casi di calvizie avanzata viene tuttavia richiesto un secondo ed eventualmente un terzo intervento, eseguito a distanza di sei mesi dal precedente.

Un intervento di autotrapianto ha un costo che può variare tra i 4000 e i 7000 euro circa, a seconda della serietà della calvizie.

L’autotrapianto non prevede limiti di età, anche se l’età migliore, è compresa tra i 30 e i 50 anni, quando la zona da trattare non è troppo estesa e il rinfoltimento appare più naturale. Non possono sottoporsi all’intervento le persone con diabete di tipo insulino-dipendente e i malati di cuore.

Le precauzioni dopo l’intervento

Finito l’intervento, si è subito dimessi e può andare a casa in treno, in aereo o guidare la macchina, senza bendaggi o cerotti. Ventiquattro ore dopo è possibile farsi lo shampoo. Per circa una settimana è necessario seguire una cura antibiotica.

In corrispondenza dei bulbi piliferi trapiantati si formano piccole crosticine che nel giro di qualche giorno cadono senza lasciare segni.

Per almeno otto-dieci giorni non si deve indossare il casco da moto, per favorire un perfetto attecchimento dei nuovi bulbi. È anche opportuno evitare per una o due settimane le attività fisiche più impegnative perché potrebbero causare traumi alla testa.

Quando si vedono i risultati?

La maggior parte dei follicoli trapiantati inizia il ciclo di vita con la fase attiva di anagen, mentre una percentuale del 20 per cento circa può andare incontro a una fase di “riposo” (telogen) a causa dello stress dovuto all’intervento chirurgico.

Già dopo le prime 4-6 settimane dall’intervento possono cominciare a spuntare i primi capelli dai follicoli trapiantati, ma il vero rinfoltimento si nota dopo circa sei mesi. L’effetto è estremamente naturale e, solitamente, molto soddisfacente.

Il trapianto inoltre è definitivo dal momento che i bulbi, essendo prelevati dalla nuca, non andranno mai soggetti all’azione del deidrotestosterone poiché sono geneticamente programmati a rimanere stabili per tutta la vita.

I risultati possono essere ulteriormente migliorati se la persona segue una cura a base di finasteride, che arresta i problemi di caduta cui possono andare incontro i “vecchi” capelli originari (cioè quelli non trapiantati).

La riduzione del cuoio capelluto

Nelle forme molto estese di calvizie e quando nella zona donatrice (cioè la nuca e i lati) non ci sono abbastanza capelli per poter rinfoltire tutta la superficie interessata, si può associare all’autotrapianto anche un intervento chirurgico di escissione del cuoio capelluto privo di capelli. La zona calva viene ridotta avvicinando il più possibile i due lembi ancora forniti di capelli.

La tecnica è stata perfezionata in tempi più recenti, grazie all’impiego di espansori cutanei che permettono di effettuare escissioni di aree molto estese di cuoio capelluto e di ridurre il rischio di evidenti cicatrici.

La tecnica dell’espansore cutaneo

Al di sotto del cuoio capelluto della persona, in corrispondenza di una zona ricca di capelli, viene introdotto uno speciale cuscinetto gonfiabile, in materiale anallergico e biocompatibile. A questo punto, con una speciale siringa, il cuscinetto viene gonfiato, in modo da tendere il più possibile la pelle, in modo progressivo.

Questa procedura richiede una accurata preparazione. La persona, infatti, per l’inserimento del palloncino viene in genere sottoposta all’anestesia generale e quindi è necessario il ricovero ospedaliero di un giorno.

Il palloncino deve poi essere gonfiato, progressivamente, nel corso di almeno dieci sedute, una alla settimana.

Quando si raggiunge un’adeguata dilatazione del cuoio capelluto, si svuota il cuscinetto. Per la sua rimozione è necessario un secondo intervento chirurgico con anestesia totale e ricovero ospedaliero.

Successivamene, in anestesia locale, il chirurgo pratica alcune incisioni e asporta la zona di pelle con calvizie, quindi avvicina i lembi di cuoio capelluto ancora forniti di capelli e sutura il tutto. L’intervento ha una durata di due ore circa.

I limiti dell’intervento

Questa tecnica può essere eseguita solo se si è certi che la calvizie non proceda più, altrimenti la persona viene nuovamente colpita dal problema.

Possono restare cicatrici abbastanza visibili sulla sommità del capo, perché l’incisione è piuttosto profonda.

È inoltre necessario che la cute che viene “stirata” sia ricca di bulbi piliferi e che sia sufficientemente elastica da potersi distendere.

Non meno importante l’aspetto psicologico: infatti la persona deve sopportare di trascorrere almeno dieci settimane in mezzo agli altri con il capo gonfio.

Da valutare infine il costo dell’operazione, che può raggiungere i 15.000 euro, senza contare le anestesie e il ricovero ospedaliero.

L’implantologia

Si tratta di una tecnica di impianto nel cuoio capelluto di capelli in fibra sintetica. Si esegue in anestesia locale e non richiede ricovero ospedaliero.

Fino a poco tempo questa tecnica era poco diffusa a causa della possibilità di rigetto dei capelli sintetici (percepiti dall’organismo come corpi estranei) e delle differenze estetiche tra capelli naturali e capelli di sintesi.

In Italia, però, oggi è disponibile una tecnica di implantologia altamente avanzata, che permette di risolvere questi due ostacoli, cioè il rischio di rigetto e la resa estetica.

Il materiale attualmente impiegato è il polibutilene tereftarato, una sostanza elastica, resistente e biologicamente inerte, ossia priva di controindicazioni per l’organismo.

Questo materiale permette di creare capelli di sintesi dello stesso spessore di quelli naturali (circa 95 micron) e di imitarne molto bene il colore e l’ondulazione. In questo modo alla vista e al tatto non c’è alcuna differenza tra capelli normali e impiantati.

La tecnica di ancoraggio in sottocute

La tecnica di ancoraggio al di sotto della cute prevede che ogni capello venga ripiegato alla base per creare una sorta di asola, attorno alla quale il cuoio capelluto crea un tessuto fibroso, che tiene il capello ancorato saldamente al capo.

La radice inoltre viene rivestita con una piccola quantità di collagene, che consente un ancoraggio ancora più saldo e scongiura i rischi di rigetto poiché è ben tollerato.

L’intervento si svolge in day hospital. La persona viene fatta sistemare su una poltrona e il chirurgo friziona il capo con una soluzione antisettica, quindi esegue l’anestesia locale. Quando questa ha fatto effetto, il chirurgo inizia l’impianto dei capelli seguendone l’inclinazione naturale.

L’impianto avviene con l’impiego di un apposito apparecchio a forma di penna che agisce con un meccanismo a scatto. La persona avverte soltanto una serie di leggere pressioni.

L’apparecchio “spara” letteralmente i capelli al di sotto del derma e le cellule di questo tessuto, riconoscendo il finto capello come un corpo estraneo, lo inglobano in un piccolo ammasso di materiale naturale, chiamato granuloma, che lo trattiene ancorato al cuoio capelluto.

Secondo alcune varianti di questa tecnica, è possibile usare strumenti chirurgici che introducono il capello ancora più in profondità, garantendone una stabilità ancora maggiore.

La durata dell’intervento dipende dalla quantità di capelli che si devono impiantare. Un programma medio di rinfoltimento comprende quattro o cinque interventi di circa un’ora ciascuno.

Dopo l’intervento è possibile tornare subito a casa. Si deve assumere per qualche giorno un farmaco antinfiammatorio per contrastare l’arrossamento.

Per dieci giorni è bene non sottoporre i capelli a stress eccessivi come lavaggi o indossare il casco, per il resto è possibile comportarsi normalmente.

L’intervento medio è di 1.000 capelli e il costo è di 2.000 euro circa, tutto compreso.

I limiti dell’intervento

Una volta terminato il ciclo di interventi, si hanno capelli della lunghezza desiderata che, però, non crescono.

L’impianto non è definitivo perché ogni anno cadono alcuni capelli. È quindi consigliabile sottoporsi a un nuovo intervento di rinfoltimento.

Un altro svantaggio è che i capelli sintetici non sempre sono identici a quelli naturali: ci possono essere piccole differenze di colore e di ondulazione.

L’aspetto più serio di questa metodica è che offre una scarsa sicurezza. Infatti, il granuloma che si forma attorno alla radice di ciascun capello impiantato è la conseguenza di un processo infiammatorio, che può portare alla perdita non solo di quel capello, ma anche di quelli vicini.

Nella zona del capello sintetico perduto, si può creare un’infezione che dà luogo a una piccola depressione. La persona può quindi ritrovarsi con il capo coperto di antiestetiche depressioni.

Per evitare questo problema è necessario osservare una scrupolosa igiene del cuoio capelluto con prodotti specifici e sottoporsi a una visita medica ogni 30 giorni circa.