25/10/2017

Come funziona il sistema immunitario

La protezione dell’organismo è affidata principalmente al sistema immunitario. È anche e soprattutto dalla sua efficienza, dunque, che dipende il rischio di contrarre o meno l’influenza e le altre malattie da raffreddamento.

In genere, le persone che possono contare su difese in buona forma sono meno vulnerabili: tendono a essere immuni dai disturbi da raffreddamento o a svilupparli in maniera blanda. Al contrario, chi ha un sistema di difesa compromesso presenta una probabilità più elevata di ammalarsi.

Ecco perché è importante sapere come funziona questo sistema e come reagisce all’abbassamento delle temperature.

Protegge l’organismo dalle malattie

Quello immunitario è un sistema molto complesso che ha la funzione di proteggere l’organismo dalle aggressioni di agenti patogeni come batteri, virus e muffe, chiamati genericamente antigeni.

Il sistema immunitario è in grado di riconoscere in modo altamente specifico milioni di antigeni diversi anche solamente per minime variazioni della loro composizione.

Per svolgere queste funzioni, il sistema immunitario è chiamato, in ogni momento, a distinguere ciò che è proprio dell’organismo da ciò che è estraneo, impedendo che avvenga una risposta contro gli organi e i tessuti interni. Quando questa capacità viene meno, possono subentrare le cosiddette “malattie autoimmuni”, in cui il sistema immunitario reagisce appunto contro i propri organi, come se fossero parti estranee.

Una delle caratteristiche peculiari di questo apparato è quella di ricordare, anche a notevole distanza di tempo, i precedenti contatti con un antigene e di iniziare contro di esso una risposta che porta alla sua eliminazione. Questa proprietà è detta memoria immunologica.

Esistono due tipi di risposta immunitaria: l’immunità naturale o innata e l’immunità acquisita o specifica.

L’immunità naturale o innata

Fanno parte dell’immunità naturale tutti quei meccanismi di difesa non specifici presenti fin dalla nascita di una persona. Essi, dunque, sono attivi e funzionanti ancora prima dell’esposizione a un determinato antigene.

Questa immunità rappresenta la prima vera barriera di difesa dell’organismo nei confronti degli agenti patogeni. È detta immediata perché agisce entro 96 ore dall’attacco esterno.

È altamente efficiente e non ha memoria immunologica: infatti, non è in grado di riconoscere e classificare gli antigeni, ma agisce a priori indipendentemente dai fattori nocivi con cui il corpo entra in contatto.

I principali meccanismi che compongono l’immunità innata sono:

– le barriere fisico-chimiche, quali la pelle, che funziona da isolante;

– la mucosa nasale, che intrappola i germi e li respinge all’esterno;

– la mucosa vaginale, il cui pH (grado di acidità) ostacola la crescita di batteri;

– la mucosa bronchiale che, grazie al muco e alle cellule ciliate, impedisce che virus e batteri penetrino in profondità;

– la saliva e le lacrime, che contengono il lisozima, una sostanza battericida;

– alcune proteine e cellule del sangue, come i mediatori dell’infiammazione e i natural killer, ossia globuli bianchi in grado di combattere le sostanze estranee.

L’immunità acquisita

A differenza dell’immunità naturale, quella acquisita o adattativa agisce in senso specifico: a ogni stimolo e attacco esterno, attiva una risposta che funziona esclusivamente per quella situazione. Questa specificità, evitando le risposte non necessarie, assicura un alto grado di efficienza.

Può essere acquisita in tre modi diversi:

– in modo naturale e attivo, quando il sistema immunitario è già entrato in contatto con una determinata malattia o con certi antigeni, per cui è in grado di riconoscerli;

– in modo naturale ma passivo, quando il sistema immunitario riconosce il “nemico” non perché ne abbia già avuto esperienza, ma grazie ad anticorpi preformati di origine materna,

– in modo artificiale, quando il sistema immunitario sa come agire grazie alla somministrazione di vaccini e sieri.

In tutti i casi, in presenza di un microrganismo patogeno, l’immunità specifica prevede l’attivazione dei linfociti B e T, particolari globuli bianchi, cioè cellule del sangue, che possiedono specifici compiti di difesa.

In genere, richiede tempi più lunghi rispetto all’immunità innata: da 96 ore in poi, sebbene nel caso in cui l’antigene sia già entrato in contatto con l’organismo le tempistiche si velocizzino.

Ha memoria immunologica e può essere di due tipi: cellulo-mediata o umorale.

La risposta cellulo-mediata

La reazione cellulo-mediata avviene mediante il contatto diretto fra i linfociti T e l’antigene estraneo.

È particolarmente efficace contro parassiti, virus, miceti (funghi), tumori e cellule trapiantate non compatibili. Tuttavia, non esiste una separazione così netta: in genere, infatti, si ha la cooperazione di entrambi i tipi di linfociti.

I linfociti T producono tutta una serie di molecole, collettivamente chiamate citochine, che agiscono come messaggeri tra le cellule (per esempio, le chitochine emesse dai T helper allertano gli altri linfociti) e sono in grado di distruggere le cellule malate o di influenzare la risposta delle altre cellule del sistema immunitario.

Per esempio, possono chiamare in causa altri tipi di globuli bianchi, i macrofagi (che agiscono all’interno di organi e tessuti) e i monociti (che scorrono nel sangue), che fagocitano i germi aggressori e le cellule morte, ripristinando lo stato pre-malattia.

La risposta umorale

Le risposte umorali, importanti soprattutto nella difesa contro le infezioni batteriche, avvengono mediante la produzione di immunoglobuline o anticorpi da parte dei linfociti B.

In pratica, quando nell’organismo penetrano agenti estranei già conosciuti, entrano in azione i linfociti B, che iniziano a produrre anticorpi specifici (che possiamo immaginare come proiettili) in grado di combattere un determinato tipo di antigene.

In una persona immune, cioè che ha già avuto un contatto con quell’antigene, intervengono solo e soltanto i linfociti B che, durante la precedente risposta immunitaria, erano rimasti nell’organismo (i cosiddetti “linfociti B memoria”).

Essi proliferano velocemente, si trasformano in poco tempo in plasmacellule e producono grandi quantità di anticorpi specifici contro quel determinato antigene, che portano alla sua rapida eliminazione.

In un soggetto non immune, invece, occorre all’incirca una settimana prima che il sistema immunitario riesca a organizzare un’efficiente risposta primaria.

I fattori di rischio

Non sempre le difese immunitarie sono efficienti come dovrebbero essere. Ci sono, infatti, alcuni fattori che possono comprometterne il corretto funzionamento.

Ad avere un ruolo negativo sono innanzitutto le abitudini di vita poco sane, in particolare lo stress eccessivo, il fumo di sigaretta, la sedentarietà, la dieta sregolata: si tratta di elementi che possono ridurre l’attività delle cellule deputate alla difesa dell’organismo, rendendolo più esposto all’attacco dei “nemici” esterni.

Inoltre, occorre considerare che esistono categorie di persone che, per le loro caratteristiche, sono meno protette. Innanzitutto i bambini, che hanno un sistema immunitario ancora immaturo e dunque meno reattivo.
In secondo luogo, gli anziani e i soggetti con malattie acute o croniche perché già debilitati. Ecco perché questi gruppi sono considerati più vulnerabili in caso di infezioni di vario tipo.

Il ruolo del freddo

Durante la stagione fredda, il sistema immunitario viene messo a dura prova. Le ragioni sono diverse.

Innanzitutto, bisogna sapere che sia gli sbalzi termici, tipici soprattutto dei mesi autunnali e tardo-invernali, sia le temperature rigide, presenti in maniera pressoché costante da dicembre a febbraio, facilitano l’azione di determinati virus e batteri. Ciò significa che da ottobre a marzo circa, le difese dell’organismo sono chiamate a un super lavoro per respingere gli attacchi esterni.

La permanenza in ambienti caldi e affollati, come sono quelli frequentati dalla maggior parte delle persone nelle giornate gelide, non fa che peggiorare le cose perché favorisce la trasmissione dei microrganismi nocivi e il contagio fra diversi soggetti.

Inoltre, occorre considerare che in inverno naso e gola diventano più vulnerabili. Infatti, per contrastare il gelo e trattenere il calore in modo da proteggere gli organi interni vitali come il cuore, il corpo causa una vasocostrizione periferica.

Di conseguenza, le zone più esterne del corpo ricevono una quantità minore di sangue e di cellule di difese, contenute proprio nel sangue. I più penalizzati da questo meccanismo sono i distretti periferici, come le prime vie respiratorie. Senza dimenticare che il riscaldamento, disidratando le mucose, rende ancora più deboli naso e gola.

Infine, il freddo ostacola il movimento delle microscopiche ciglia presenti sulle cellule delle mucose respiratorie. Si tratta di elementi essenziali per la difesa: infatti, con un movimento preciso e cadenzato, le ciglia spostano verso l’uscita il muco normalmente presente nelle vie aeree, che contiene gli agenti dannosi introdotti insieme all’aria. Se le ciglia non riescono a muoversi correttamente, è più facile che l’apparato respiratorio rimanga vittima di infezioni.