14/09/2020

Il capezzolo introflesso

Il capezzolo introflesso è una malformazione caratterizzata dall’assenza di prominenza del capezzolo stesso, che risulta come “risucchiato” all’interno del seno. L’anomalia può interessare una sola mammella o entrambe.
Se il capezzolo non sporge, ma non rientra nemmeno all’interno, viene definito piatto.
Nella forma lieve, detta reversibile, il capezzolo, introflesso o piatto a riposo, può estroflettersi manualmente o con il freddo, mentre nelle forme più gravi rimane introflesso anche se stimolato.

Le cause

La colpa è quasi sempre dotti galattofori troppo corti, che trattengono all’interno della mammella il capezzolo impedendogli di fuoriuscire. L’origine, di solito, è ereditaria. In rari casi il disturbo può essere causato da infiammazioni o da interventi chirurgici. Infine, si può presentare dopo l’allattamento.

Le cure

La maggior parte dei capezzoli piatti o introflessi non sarà un ostacolo per l’allattamento, a patto che il bambino riesca ad afferrare una buona porzione dell’areola (le labbra e le gengive devono trovarsi sull’areola, ben oltre il capezzolo). Esistono, comunque, alcune tecniche che possono essere utilizzate per diminuire le difficoltà legate a queste anomalie dei capezzoli, come la stimolazione con acqua fredda e ghiaccio prima della poppata. 
Quando l’anomalia crea disagio psicologico nella donna si può intervenire per migliorarla. Nei casi più lievi, si può ricorrere a dispositivi, simili a piccole ventose, che creano dall’esterno un vuoto con pressione negativa, spingendo il capezzolo in fuori. In genere, devono essere applicati per circa sei-otto ore al giorno per almeno tre mesi.
In alternativa, si può effettuare un’operazione chirurgica, che consiste nell’effettuare una piccola incisione a livello del capezzolo, attraverso la quale si rimuovono i tralci fibrosi e i dotti galattofori troppo corti. Al termine dell’operazione, il capezzolo viene suturato sia all’interno, per proiettarlo in fuori, sia sulla cute esterna, per affrancare meglio i margini. In seguito a questa operazione, in genere non è più possibile allattare.

I LIPOMI

Sono rigonfiamenti di tessuto adiposo che in genere compaiono sotto la cute, ma che possono localizzarsi anche in parti più profonde del tessuto mammario o ascellare.
Al tatto, appaiono come noduli morbidi. Spesso tendono a crescere, ma sono comunque alterazioni benigne.

La causa

I lipomi sono legati a un’eccessiva proliferazione del tessuto adiposo: le sue cellule, per un difetto degli enzimi che ne controllano lo sviluppo, tendono a essere più numerose della norma e ad aggregarsi fino a formare una massa apprezzabile.

Le cure

Fortunatamente sono facili da eliminare chirurgicamente, soprattutto se alterano l’estetica del seno. Di solito, però, all’intervento viene preferito un controllo periodico.

L’ECTASIA DUTTALE

Con questo termine si indica una lesione dei dotti galattofori di medio e grosso calibro, che si dilatano e provocano così il ristagno di secrezioni. Si manifesta intorno ai 40- 55 anni, spesso accompagnata da infiammazioni croniche o acute. Non aumenta in alcun modo il rischio di forme tumorali maligne.

La dilatazione dei dotti è spesso associata alla secrezione di un liquido giallastro costituito da grassi e detriti cellulari. Gradualmente la secrezione diventa continua e provoca un’irritazione cronica del dotto (galattoforite), che si infiamma, fa male e causa una retrazione e una deviazione del capezzolo. Il dotto può rompersi e provocare la formazione di un ascesso.

Le cause

La dilatazione del dotto può derivare da un cattivo scarico dello stesso, che finisce con l’intasarsi, oppure da scarsa igiene.

Le cure

Nei casi più seri o comunque quando sussistono dubbi di natura diagnostica si preferisce intervenire chirurgicamente per “tagliare” il dotto interessato dall’ectasia. In caso contrario, non sono necessarie cure particolari.

LE CALCIFICAZIONI

In genere si tratta di depositi di sali di calcio, che si localizzano in varie parti della mammella, soprattutto nel tessuto ghiandolare.
Si distingue fra microcalcificazioni e macrocalcificazioni. Le prime possono rappresentare un campanello d’allarme per forme tumorali, mentre le macrocalcificazioni, più grossolane, sono quasi sempre benigne.
Molto, comunque, dipende anche dalla forma. Destano meno preoccupazione, per esempio, le microcalcificazioni tondeggianti e sparse, mentre sono sospette quelle con forma irregolare (“a limatura di ferro”). 

Entrambe le calcificazioni non danno sintomi. Eventualmente, quelle che si fanno “sentire”, nel 90% dei casi sono un fenomeno benigno.

Le cause

Le macrocalcificazioni possono derivare da infiammazioni, traumi o residui dell’allattamento.

Alla base delle microcalcificazioni, invece, c’è lo stesso processo di proliferazione cellulare che porta all’origine di una forma tumorale.

Le cure

Le macrocalcificazioni non necessitano di particolari cure e possono essere lasciate dove sono.
Per quanto riguarda le microcalcificazioni, in genere si agisce in modo diverso a seconda dei casi. Occorre tenere presente che solo in 1/4 dei casi hanno significato dubbio. In genere, se sono benigne si esegue solo un monitoraggio nel tempo. Se sono dubbie si procede con la microbiopsia. Se sono maligne serve, invece, l’intervento chirurgico.

IL PAPILLOMA INTRADUTTALE

È una forma tumorale benigna che assomiglia a un piccolo polipo e che si situa all’interno dei dotti galattofori. Colpisce soprattutto le donne giovani, ma si può manifestare anche in età più adulta tra i 45 e i 55 anni.

Le cause

Le cause non sono del tutto chiare. In ogni caso, in genere, il papilloma si manifesta con una secrezione monoporica continua, di tipo sieroematica.

Le cure

Il papilloma intraddutale è benigno. Tuttavia, può anticipare la formazione di una papillomatosi (presenza di papillomi multipli) e questa, se trascurata, può evolvere verso una forma tumorale maligna: il carcinoma intraduttale.
Ecco perché, lo specialista può decidere di intervenire con una duttogalattoforectomia, l’asportazione selettiva del dotto che contiene il papilloma.

IL SENO TUBEROSO

È una malformazione che colpisce la ghiandola mammaria, che si concentra innaturalmente dietro all’areola, è allungata e a forma di tubo, con il polo inferiore poco sviluppato, in direzione sia verticale sia orizzontale.
L’anomalia di solito riguarda una sola mammella, mentre l’altra risulta normale. In genere, maggiore è l’asimmetria tra i due seni, più grave è la malformazione.

Si tratta di una malformazione evolutiva, cioè non presente dalla nascita, che compare durante la pubertà, quando il seno comincia a crescere. In pratica, la ghiandola si sviluppa solo in parte, rimanendo ridotta.

Le cure

Per correggere l’anomalia, occorre intervenire chirurgicamente, con l’operazione di mastopessi, che consiste nel rimodellare la ghiandola mammaria, conferendole forma conica o rotondeggiante.

L’IPERPLASIA MAMMARIA

Si parla di iperplasia quando nella ghiandola mammaria si verifica una eccessiva crescita cellulare, comunque benigna e di natura non tumorale.

Tuttavia, alcune iperplasie presentano anomalie cellulari al microscopio e sono chiamate iperplasie atipiche: queste sono associate a un piccolo rischio di sviluppare un carcinoma negli anni, nella mammella stessa o in quella controlaterale. 
Ecco perché si tratta di una condizione che non va sottovalutata e che deve essere monitorata nel tempo.