26/10/2017

Gli esami diagnostici

Se c’è un problema ad uno degli organi dell’apparato gastrointestinale, è importante rivolgersi al medico. In genere, per avere un quadro chiaro della situazione, quest’ultimo prescrive una serie di esami. Ecco quelli più utilizzati in questi casi.

L’anamnesi

Innanzitutto, il medico compie un’anamnesi, ossia un colloquio approfondito con il soggetto per conoscere i suoi sintomi, la storia clinica personale e quella famigliare.

La persona deve cercare di descrivere nella maniera più precisa e approfondita possibile i sintomi di cui soffre, il tipo di dolore avvertito, la frequenza degli attacchi, eventuali disturbi associati. Inoltre, è bene che dica se altri membri della famiglia soffrono di disturbi all’apparato digerente.

Il medico, durante questa visita, può eseguire anche una palpazione della zona, per scoprire eventuali anomalie.

Le analisi del sangue e delle feci

Il medico può richiedere poi le analisi del sangue, per verificare se ci sono processi infiammatori o infettivi in corso (testimoniati dall’incremento dei globuli bianchi).

Per individuare l’eventuale presenza dell’Helicobacter pylori (che può essere causa di tumore allo stomaco) e/o di sangue (che può indicare un tumore al colon o al retto), vengono inoltre prescritte le analisi delle feci.

L’esofago-gastro-duodenoscopia

Si tratta di un esame veloce (dura non più di cinque minuti), utile per verificare la presenza di esofagite, di gastrite e di ulcere gastroduodenali, ma anche di formazioni sospette all’esofago, allo stomaco e al duodeno.
È fastidioso ma non doloroso. Per ridurre il disagio è comunque possibile effettuare una modesta sedazione per via endovenosa e spruzzando un po’ di anestetico in gola.

Si esegue introducendo nella bocca della persona (che deve presentarsi a digiuno) un tubicino, l’endoscopio, dotato di una piccola videocamera e di fibre ottiche, che consente di visualizzare l’esofago, lo stomaco e il duodeno. L’endoscopio raccoglie infatti le immagini della zona e le invia a un monitor esterno, su cui il medico può vedere i dettagli.

In questo modo non solo è possibile individuare la presenza di eventuali infiammazioni o ulcerazioni, ma è anche possibile prelevare, in modo del tutto indolore, campioni di tessuto sospetto (biopsia) che vengono poi analizzati in laboratorio.

La colonscopia

È un esame endoscopico del colon, abbastanza veloce, che viene fatto a digiuno.

Anche in questo caso si può procedere con una leggera sedazione utilizzando blandi sedativi da iniettare in vena.

Quindi, si introduce un tubo, dotato di una telecamera, attraverso l’orifizio anale. La sonda viene sospinta fino all’intestino cieco e poi ritirata lentamente per poter osservare le pareti del colon alla ricerca di alterazioni della mucosa (la telecamera è collegata a un monitor, sul quale vengono trasmesse le immagini).

Attraverso questo esame è possibile anche intervenire, asportando piccoli polipi e prelevando campioni di tessuto (biopsia) da sottoporre poi a esame istologico.

È l’esame più importante per lo screening (controllo) del tumore del colon-retto.

L’ecoendoscopia

Come dice il nome stesso, l’ecoendoscopia unisce due tecniche diverse: l’ecografia e l’endoscopia. Si basa sull’utilizzo di uno strumento particolare, costituito da un endoscopio sulla cui punta è montato anche un piccolo trasduttore di ultrasuoni.

In pratica, infilando questo speciale endoscopio nella bocca o nell’ano, il medico oltre a vedere le immagini trasmesse dalla telecamera al monitor, vede anche quelle derivate dall’utilizzo degli ultrasuoni. Ha così molte più informazioni di quelle ottenute con l’esecuzione dei due esami separatamente.

Con questa tecnica si riesce a ottenere una valutazione precisa delle mucose degli organi della zona interessata, riuscendo così a cogliere eventuali infiammazioni e lesioni. Inoltre, si possono ricavare informazioni sulla profondità delle lesioni.

È anche possibile osservare la zona che circonda la lesione per controllare se ci sono linfonodi ingrossati.

Infine, l’ecoendoscopia consente una valutazione degli organi che si trovano vicino all’apparato digerente, quali il pancreas, il mediastino (lo spazio mediano della cavità toracica, compreso tra i due polmoni), la colecisti e le vie biliari.

L’ecoendoscopia è indicata soprattutto in campo oncologico.

La pH-metria

Se sospetta la presenza di un reflusso, solitamente lo specialista richiede la pH-metria, che misura il pH, cioè il livello di acidità dell’esofago. In pratica, attraverso la narice, si inserisce nell’esofago una piccola sonda, collegata a un apparecchio da portare a tracolla, che registra il pH.

Solitamente l’esame dura 24 ore, per permettere di misurare i cambiamenti di acidità che si verificano nel corso della giornata.

In questo modo è possibile sapere anche quanti episodi di reflusso avvengono nell’arco della misurazione e conoscerne la durata e la relazione con i pasti.

La manometria

Per misurare la pressione e l’attività dei muscoli della valvola cardias si può eseguire la manometria, che consiste nell’introduzione di un piccolo tubo dal naso fino allo stomaco.

Il tubo è collegato a un apparecchio che registra le contrazioni muscolari e la loro regolare e coordinata progressione.

L’ecografia addominale

Si tratta di un esame che utilizza gli ultrasuoni (particolari onde sonore non percepibili dall’udito), emessi da un apparecchio e indirizzati verso l’addome.

In pratica, si cosparge l’addome della persona con un apposito gel, quindi, si fa scorrere sulla pelle un manipolo collegato a un apparecchio che emette ultrasuoni.

Quando gli ultrasuoni incontrano un organo o un tessuto ritornano indietro come succede appunto con il classico eco. L’apparecchio è collegato a un computer che trasforma le risposte degli organi agli ultrasuoni in immagini.

In questo modo è possibile visualizzare su un monitor gli organi interni dell’addome (fegato e vie biliari extra-epatiche, pancreas, milza, reni, utero e ovaie) e valutare così le loro condizioni.

La Tac addominale

La tomografia computerizzata (Tc o Tac) è un esame diagnostico che combina i tradizionali raggi X con la tecnologia del computer. Questo consente di ottenere l’immagine radiologica tridimensionale di una sezione trasversale del corpo, in questo caso dell’addome.

La Tac evidenzia anche minime differenze di densità tra i vari tessuti di un organo, permettendo così di visualizzare strutture altrimenti non individuabili, specialmente se localizzate in profondità.

La Tac può essere eseguita dopo l’iniezione di un mezzo di contrasto per via endovenosa. Questo aumenta la precisione dell’esame, consentendo di vedere dettagli che altrimenti non sarebbero apprezzabili.