16/12/2020

Paura di essere derisa? Superala così

Veronica Colella Pubblicato il 16/12/2020 Aggiornato il 16/12/2020

Si chiama gelotofobia la paura di chi non riesce a ridere con gli altri perché interpreta gli atteggiamenti scherzosi come una forma di cattiveria

Three women at cafe, talking,smiling,  laughing and enjoying their time. Lifestyle and friendship concepts with real people models.

Alle brutte figure normalmente si sopravvive, ma c’è chi teme così tanto di essere preso in giro da non riuscire più a distinguere un sorriso o una battuta fatta senza malizia da un risolino di derisione. Persino sentire degli sconosciuti ridere dall’altra parte della strada fa venire voglia di sprofondare, come se fosse l’ennesima conferma di essere effettivamente ridicoli e impresentabili.

Un disagio che può essere così forte da spingere a isolarsi, o a rinunciare a fare tante esperienze per il sacro terrore di fare qualcosa di mortificante in pubblico.

Le risate che fanno male

Alle origini di questo mix di timidezza, imbarazzo e vergogna può esserci effettivamente una brutta esperienza. Lo psicoterapeuta Michael Titze ha coniato l’espressione “complesso di Pinocchio” per descrivere l’infanzia di chi è stato tenuto un po’ troppo sotto l’ala di genitori iperprotettivi ed egocentrici, senza mai avere la possibilità di imparare a comportarsi come gli altri bambini. La sensazione di essere strani o ridicoli deriva dal primo doloroso impatto con le prese in giro con cui viene “punito” chi è diverso dal resto del gruppo, tanto da non riuscire più ad associare l’umorismo con qualcosa di positivo ma solo a un modo di aggredire e umiliare. E come il timido arrossisce, chi ha il complesso di Pinocchio tende a irrigidire i muscoli e ad apparire goffo e impacciato nei movimenti, attirando ancora di più l’attenzione dei bulletti.

La prima indagine sulla gelotofobia in Italia

Non sempre però chi si sente a disagio con l’umorismo ha alle spalle esperienze traumatiche, precisano Forabosco e colleghi nella prima indagine sulla gelotofobia in Italia (2009). Nella cultura italiana, come in altre parti del mondo, fare ironia e ridicolizzare ha spesso un intento educativo e tra amici o in famiglia è anche un modo di creare complicità. Non tutti però sanno stare allo scherzo e chi è molto sensibile potrebbe soffrire anche delle prese in giro affettuose e benevole.

Come imparare a rilassarsi

Se la paura inizia a prendere il sopravvento, fino a diventare una fobia vera e propria, potrebbe essere necessario l’aiuto di un professionista che insegni a vivere in maniera più rilassata anche l’eventualità di fare scivoloni in pubblico e magari a recuperare quell’ironia che permette di ridere di se stessi senza danni per l’autostima. La tecnica dello humordrama insegna a perdere la faccia in maniera liberatoria, abbracciando il lato dissacrante dell’umorismo per recuperare vivacità e sdrammatizzare quello che fa più paura. In terapia si impara a fare i clown, un personaggio che Tizte associa alla “gioia maligna” del buffone un po’ dispettoso che rappresenta il lato disinibito delle persone ridicole, tutto il contrario della persona seria e compita che teme di andare in pezzi al suono di una risata.

Non prenderla sul personale

Chi invece ha solo bisogno di lavorare un po’ sulla propria suscettibilità potrebbe trovare molto utili i consigli di Federik Imbo su come imparare a non prendere tutto sul personale. Il primo passo è mettersi nei panni degli altri per capirne le vere intenzioni: a volte ci sentiamo offesi o feriti troppo facilmente, perché tendiamo a attribuire significati ulteriori a quella che invece potrebbe essere una battuta innocente. Oppure siamo convinti di essere al centro dell’attenzione e del gossip da ufficio quando invece non siamo che una nota a margine nei melodrammi personali dei nostri colleghi. Vale però la pena di ricordare che se un certo modo di scherzare non ci diverte non significa che non abbiamo senso dell’umorismo. La sensibilità personale va rispettata, anche se imparare a farsi valere può richiedere ai più timidi un certo allenamento. Il consiglio di Imbo è di spiegare le proprie ragioni in maniera serena e senza attribuire colpe, così da non mettere gli altri sulla difensiva e renderli più propensi a cambiare atteggiamento.