07/04/2020

Il riposo è necessario: non sentirti in colpa

Veronica Colella Pubblicato il 07/04/2020 Aggiornato il 07/04/2020

Un po' di dolce far niente serve a ricaricarsi. Va bene tutto: fare un sonnellino, leggere un libro, contemplare il paesaggio... L'importante è sgomberare la mente, senza dover rendere conto a nessuno

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Il nostro rapporto con l’ozio è diventato sempre più ambivalente: da un lato ci rendiamo conto di averne un gran bisogno, dall’altro non riusciamo a rilassarci perché presi d’assalto da ansia e sensi di colpa. È la tesi di Claudia Hammond, autrice britannica che ha dedicato due anni a studiare l’argomento in compagnia di un team multidisciplinare con a capo ricercatori dell’Università di Durham.

Un problema diffuso

Il riposo è fondamentale sia per il benessere che per la produttività, al punto da rientrare tra le prescrizioni mediche. Eppure, scrive Hammond in The Art of Rest  la percezione comune è che non ci sia abbastanza tempo nella giornata per potersi dedicare all’ozio a cuor leggero. Nelle prime fasi dello studio, questo dato è emerso grazie a un sondaggio lanciato sulle reti radiofoniche BBC Radio 4 e BBC World Services. Il questionario proposto dai ricercatori è stato compilato da 18.000 persone provenienti da 134 paesi diversi, confermando che ad essere in debito di riposo sono ben due terzi degli intervistati.

Le associazioni di idee si sono rivelate ancora più significative: all’ozio sono stati associati anche termini negativi come “spreco di tempo”, “egoista”, “colpevole” e “ingiustificato”.

I meno disposti a “perdere tempo” in assoluto sono i giovani, sottoposti a una pressione che non sempre riescono a gestire.

Il superlavoro come status symbol

Per capire come mai il meritato riposo sia diventato un obiettivo inarrivabile, bisogna prendere in considerazione due tratti distintivi della nostra società. Da un lato c’è la tecnologia, che pur rendendoci la vita più semplice ha il difetto di averci resi sempre raggiungibili. 
Il secondo motivo è che mostrare di essere sempre impegnati è diventato uno status symbol. Se nel XIX secolo il tempo libero distingueva le classi agiate da quelle di origini più umili, nel XXI secolo essere costantemente occupati significa essere ricercati e quindi importanti.

La differenza tra riposo e inattività

In realtà le nostre giornate sono inframmezzate da tante piccole distrazioni. Il tempo ci sarebbe, ma non riusciamo ad utilizzarlo nel modo giusto. Secondo Hammond saremmo molto più produttivi se fossimo meno impegnati a stilare lunghissimi elenchi di cose da fare, nella speranza di sentirci finalmente autorizzati a staccare. C’è una grande differenza tra oziare e stare con le mani in mano: quello che intendiamo davvero quando si parla di riposo è la possibilità di goderci il tempo, mettendo a tacere quella vocina nella testa che ci sussurra che lo stiamo sprecando.

La soluzione? Il reframing

Alcuni di noi si sentono più riposati dopo un bagno caldo o ricaricano le batterie leggendo un libro, altri facendo sport o dedicandosi al giardinaggio. La ricetta per il riposo perfetto non sta nello scegliere un’attività al posto di un’altra, ma nel contestualizzare nel modo giusto il tempo che le riserviamo. Per stare meglio bastano 15 minuti: sufficienti per leggere un capitolo del nostro romanzo, fare un sonnellino o rinvasare una pianta. L’importante è non pensarli come tempo sottratto al lavoro ma come tempo a cui si ha diritto per prendersi davvero cura di sé, garantendo risultati migliori. Persino il tempo trascorso sui mezzi o mentre si è in coda può essere ripensato come un’ottima scusa per fare chiarezza nei propri pensieri o lasciar vagare la mente, senza dover rendere conto a nessuno.