Feste di fine anno: felici per forza?
Ci sono parecchi motivi e sollecitazioni che “sporcano” un momento considerato gioioso per antonomasia e che lo rendono emotivamente pesante. La psicologa li analizza e suggerisce come superarli
La “pressione della felicità” è un fenomeno che investe tanti di noi nel periodo natalizio. Lo spiega la dottoressa Angela Persico, psicologa della piattaforma Doctolib: «La fatica psicologica del Natale spesso non è nella tristezza in sé, ma nel peso schiacciante del giudizio che le riversiamo addosso. Siamo immersi in una narrazione di felicità obbligatoria che trasforma emozioni normali in fonte di grande disagio».
Càpita a tantissimi: il momento delle festività di dicembre è difficile emotivamente, perché “si dovrebbe essere felici” ma non ci si sente tali.
Una solitudine di transizione
L’esperta analizza i motivi per cui spesso ci si sente soli, anche in mezzo agli altri, e demoralizzati. «È una solitudine di transizione o di ruolo: persone perfettamente inserite nella vita sociale che a Natale si sentono psicologicamente fuori posto perché la loro verità non ha spazio nello script della festa» sottolinea la psicologa.
- Il “divario emotivo”. In questo periodo è evidente lo scarto fra come ci sentiamo e come dovremmo sentirci. «Il dolore scaturisce dalla frattura tra il nostro mondo interno, autentico, e il copione di felicità obbligatoria che la società ci consegna a dicembre», spiega la dottoressa: l’esperienza reale (stanchezza, malinconia, stress) collide con l’imperativo esterno (gioia, armonia, gratitudine) e questo attiva un “giudice interiore” ipercritico, che rifiuta un’emozione legittima come la tristezza, perché percepita “fuori luogo” (a causa della vergogna di provarla in maniera dissonante al contesto). Il paradosso è che più combattiamo quell’emozione, più le diamo potere.
- I social. Il Natale filtrato attraverso i social è una fonde di disagio. «Mostrano un periodo “editato”, dove ogni momento è un highlight, ogni relazione è armoniosa, ogni tavola impeccabile. Così confrontiamo il nostro dietro le quinte con il palcoscenico altrui», rivela l’esperta. Il risultato è un confronto sociale “truccato” che alimenta un senso di inadeguatezza, come se tutti stessero vivendo un momento perfetto all’infuori di noi.
- Spot e film. A fine anno propongono tutti un lieto fine dolciastro, un modello irraggiungibile. «E’ un Natale da fiction: una trama semplice con un lieto fine garantito dalla magia. Promettono che i conflitti taceranno, le assenze saranno colmate e la felicità sarà uniforme», spiega Persico. Se la realtà non coincide con quello script, c’è il rischio di svalutare la propria storia e di sentirsi in difetto.
- Le ferite che si riaprono. Le feste “riattivano” ciò che sembrava sopito: «Sono marcatori temporali potenti: il Natale è un faro emotivo che illumina il divario tra “cosa era” e “cosa è”», dice la dottoressa. Odori, luci, musiche e rituali diventano trigger che riportano alla mente ricordi e stati emotivi, rendendo più presente ciò che manca: lutti, separazioni, cambiamenti. Si tratta di una reazione legata al significato profondo di ciò che abbiamo vissuto.
- Le riunioni famigliari. Qui spesso si risvegliano copioni antichi: ruoli infantili, aspettative, paragoni e “domande scomode” che diventano richieste di conformità. «Quelle domande spesso non cercano risposte, ma riaffermano gerarchie e aspettative. La strategia non è trovare la risposta perfetta, ma proteggere il proprio spazio emotivo», consiglia la dottoressa. La chiave è disinnescare e reindirizzare: rispondere con eleganza, senza entrare in un campo minato.
Il “kit di primo soccorso emotivo”
La buona notizia è che non serve “farsi andare bene tutto”, né inseguire il Natale perfetto. «Il vero benessere non si costruisce aggiungendo obblighi: si costruisce sottraendo il superfluo per fare spazio all’essenziale», afferma Persico, che propone alcuni consigli pratici per stare meglio.
Inserite nei momenti cupi dei micro-ancoraggi, come un minuto dedicato ad esempio alla respirazione, per interrompere la spirale negativa. Accettate di essere tristi, smettendo di pensare che “non dovreste sentirvi così”. Imparate a dire “no”, perché può essere finte di benessere. Trascurate i social, ricordando che presentano perlopiù momenti scelti e non vita reale. Infine riposate e inventate rituali che siano vostri e vi diano serenità. «La via d’uscita non è lottare per sentirsi diversi, ma riconoscere ciò che si prova con gentilezza e ridurre la pressione di aderire a copioni emotivi che non ci appartengono», conclude la psicologa.
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