20/08/2022

Fame emotiva: per combatterla riconosci i tuoi stati d’animo

Veronica Colella Pubblicato il 20/08/2022 Aggiornato il 24/08/2022

Mangiare è un modo di consolarsi, soprattutto quando non si è in grado di distinguere tra emozioni e sensazioni fisiche. Ecco perché è importante sapersi ascoltare 

Shot of a young woman eating chocolate from a jar with a hot water bottle over her stomach

Non tutto quello che mangiamo è una risposta al borbottio di uno stomaco vuoto. Si mangia per dimenticare, per noia, per allontanare lo stress o per tirarsi su il morale nelle giornate storte, in particolare quando le emozioni sono confuse ma il bisogno di consolarsi si fa sentire forte e chiaro.

Placare la fame emotiva può essere molto complicato, proprio perché il senso di sazietà non è determinante.

Si può essere sazie dopo i primi tre biscotti e continuare comunque a sgranocchiare senza nemmeno badare al sapore, perché quello che conta è masticare. Peccato che le emozioni che abbiamo cercato di ignorare tornino alla carica, accompagnate poi dal senso di sconfitta di chi si era detto che era l’ultima volta.

Quel nonsoché che ti apre lo stomaco

In fin dei conti tra malumore e fame c’è un rapporto molto intimo. Essere affamati rende nervosi, essere nervosi rende affamati. Distinguere tra le due sensazioni aiuta a capire quello di cui abbiamo veramente bisogno, ma non tutti sono in grado di farlo. E tenere a bada la fame emotiva potrebbe essere più arduo proprio per chi non riesce facilmente a riconoscere le proprie emozioni, scambiandole per sensazioni fisiche o ritrovandosi a corto di parole e di immaginazione quando si tratta di descriverle.

Lo suggerisce uno studio italiano sulla fame emotiva e sulle abbuffate da stress nelle prime due fasi del lockdown, pubblicato l’anno scorso sulla rivista Appetite. Questi attacchi di fame che in realtà servono a placare le emozioni possono essere favoriti da alti livelli di ansia e depressione, così come dal peggioramento della qualità della vita e delle relazioni sociali, mentre le abbuffate in piena regola sono una reazione agli alti livelli di stress. Ma la parte più interessante dello studio è proprio l’aver sottolineato come le persone con alti livelli di alessitimia (cioè in grave difficoltà se devono riconoscere le emozioni) risultino più vulnerabili nei confronti della fame emotiva.

Se sei infelice, facci caso

Magari non sentiremo più parlare di lockdown, ma non si può dire che due anni dopo la situazione sia meno complessa. Ragione in più per prestare attenzione alla nostra vita emotiva e imparare a riconoscere le emozioni camuffate da vuoto allo stomaco. Non per bacchettarci da soli quando sentiamo un gran bisogno di consolazione, ma solo per essere sicuri di trovare la soluzione più adatta e di non finire in un circolo vizioso di malessere e senso di colpa.

Tra le strategie suggerite dagli esperti c’è il diario alimentare, utile per appuntarsi pasti e spuntini riflettendo sulle sensazioni e sulle circostanze che li hanno accompagnati. Uno strumento in più per imparare a conoscersi, a capire quali situazioni rendono più vulnerabili alla voglia di consolazione e quali emozioni stiamo trascurando. E nel mentre non guasta ripiegare su spuntini sani che in più offrono una piacevole sensazione di sazietà.

Cercare supporto

Conosci te stesso è un motto meno praticabile per chi non riesce a entrare in contatto con il proprio mondo interiore. Rivolgersi a uno specialista potrebbe essere una soluzione per sciogliere l’enigma, imparando a decifrare con più chiarezza i propri stati d’animo e ricevendo il sostegno necessario per affrontare le cause recondite degli attacchi di fame.