Cattive ragazze: il ritorno
Non "streghe" ma donne consapevoli che puntano ad ottenere qualcosa in più. Perché la strada dell'empowerment femminile è ancora in salita
Torna in libreria Le brave ragazze vanno in paradiso le cattive dappertutto della psicologa Ute Herhardt. Un piccolo cult che intercettava le ambizioni delle giovani donne dell’epoca incitandole a migliorarsi con un po’ di sano cinismo.
Ma oggi, a trent’anni di distanza, le cose per le ragazze sono cambiate davvero? E quali consigli vincenti possiamo ricavarne?
Confini invisibili
Agli inizio degli anni ’90 il libro della Ehrhardt spingeva a ribellarsi all’immagine tradizionale di donna sottomessa, che dice sempre sì. Ma oggi davvero tutto è cambiato? «Molte di quelle trappole mentali e di quei confini autoimposti rimangono ancora adesso» spiega la professoressa Anna Maria Giannini direttore e coordinatore del Laboratorio di Psicologia Sperimentale Applicata, Dipartimento di Psicologia all’Università La Sapienza di Roma. «Faccio un esempio: alla Sapienza promuoviamo una campagna per convincere le studentesse a iscriversi ai corsi di laura STEM, rendendole più consapevoli del fatto che possono farcela quanto i loro colleghi maschi. L’idea della donna poco adatta ad alcune professioni, più predisposta a lavori di servizio (professoressa, educatrice… tarda a scomparire.
Focus sui veri obiettivi
Eredi virtuali delle “streghe” che da secoli terrorizzano l’immaginario maschile, in realtà, le ragazze a cui ispirarsi sono meno “cattive” di quello che si potrebbe immaginare. «Si tratta solo di donne con le idee chiare» commenta la professoressa Giannini. «Rispetto al bivio «Paradiso” “Dappertutto” la scelta migliore è una terza direzione, quella che scegliamo noi. Non dobbiamo sacrificarci a tutti i costi di fronte a compagni che non ci ascoltano, figli e genitori che ci riempiono di sensi di colpa, capi che ci sfruttano. Dobbiamo chiarire quali sono i nostri obiettivi e realizzarci in quelli. Che possono essere la carriera e il lavoro ma anche la casa e i figli: l’importante è che riusciamo a tenere il focus sui nostri veri desideri e non su quelli degli altri. Senza l’obbligo (impossibile) di compiacere tutti in tutte le situazioni per essere apprezzata».
Paure da superare
Le donne sono fra le più soggette a un meccanismo perverso che sta all’opposto: la profezia, negativa, che si autoavvera. Nel libro questo strano concatenarsi di idee perdenti e di fallimenti reali viene spiegato bene: chi pensa di non essere capace di fare qualcosa difficilmente si mette alla prova. Il risultato? Proprio quello che si temeva, rimanere sconfitte e marginali. «Invece lo sguardo al futuro deve essere positivo. Bisogna partire da una consapevolezza maggiore di quello che si sa fare e non avere paura di mostrarlo. Da una parte senza avere paura del successo e del potere e dall’altra senza ingigantire qualche inevitabile errore di percorso».
L’articolo completo è sul numero di Silhouette donna di settembre, ora in edicola.
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