02/12/2025

Ansia da connessione perenne

Emanuela Bruno
A cura di Emanuela Bruno
Pubblicato il 02/12/2025 Aggiornato il 02/12/2025

L’abuso di tecnologia e di social network ha generato paure, isolamento, calo di autostima e tante altre dinamiche disfunzionali, indicate con neologismi del linguaggio medico-psicologico. Eccone alcune

BABBEL

Il mondo di internet, che ha trasformato radicalmente le nostre vite, ha portato con sé anche un rovescio della medaglia: l’abuso della tecnologia, che ha creato dinamiche disfunzionali provocando ansia, senso di isolamento e di inadeguatezza. Gli esperti linguisti della piattaforma Babbel hanno analizzato gli effetti psicologici della digitalizzazione, individuando una lingua nuova che è nata per descrivere questa varietà sempre più complessa di comportamenti e interazioni umane.

Anche la lingua, specchio dei mutamenti sociali e tecnologici, si è adattata a dare un nome a fenomeni emergenti, prima ignoti.

7 emozioni da decifrare

Sempre più spesso capita di sentire definizioni inconsuete e neologismi, perlopiù inglesi, che mescolano il linguaggio della psicologia e quello digitale. Siete sicure di saperli decifrare e di comprendere i fenomeni emotivi a cui si riferiscono? Ecco le 7 espressioni più comuni da conoscere.

  1. Doomscrolling. Fonde il verbo scroll, scorrere, e il sostantivo doom, sventura, per indicare l’atto compulsivo di scorrere notizie dal contenuto allarmante. È un termine nato in tempi di pandemia, quando il flusso di notizie negative ara continuo, e indica un comportamento che va oltre la semplice curiosità o il desiderio di tenersi informati: il circolo vizioso di ricerca continua di “brutte notizie”, genera ansia, stress e senso di impotenza.
  2. Like loop. Letteralmente è “il ciclo dei mi piace” e descrive il bisogno “spasmodico” di alcuni utenti di ricevere un “mi piace” dopo aver pubblicato incessantemente sulle piattaforme digitali, alla ricerca di convalida sociale e la gratificazione che ne deriva. È un comportamento legato alla produzione nell’organismo di particolari neurotrasmettitori che provocano piacere e può diventare una dipendenza pericolosa.
  3. Filter fatigue. La “stanchezza da filtro” è la denominazione con cui si indica il senso di sfinimento dato dalla ricerca costante di curare, filtrare e modificare la propria immagine e presenza sulle piattaforme social, per mostrare sempre il lato migliore di sé in ogni evento, viaggio e relazione. Le conseguenze? Calo dell’autostima e senso di ansia, data dall’impossibilità di raggiungere gli standard di perfezione che ci si propone di mantenere.
  4. Content overdose. Dal lessico medico arriva “overdose” e qui indica l’assunzione di una quantità di contenuti (content) superiore a quella che l’organismo è in grado di tollerare. È il “bombardamento” metaforico di informazioni, talmente intenso da superare la capacità limitata del cervello di assorbirle e tale da rendere difficile distinguere cosa sia realmente importante.
  5. Posting ennui. Esprime un concetto della profonda noia e insoddisfazione (“ennui”, dal francese) legata all’atto di pubblicare contenuti online (“posting”). In pratica indica la perdita di interesse nell’interagire con gli altri e nel pubblicare contenuti. Molti utenti, fortunatamente, stanno cominciando a scegliere consapevolmente di non condividere più dettagli della propria vita online, nel tentativo di tutelare la propria salute mentale.
  6. Relazioni parasociali. Indica il legame, spesso percepito come profondo ed intimo, che alcuni spettatori o fan stabiliscono con celebrità, personaggi pubblici o di fantasia: i social media hanno infatti facilitato la creazione di legami illusori con le celebrità, alimentati da una parvenza di vicinanza alla persona che viene adorata. Il rischio è l’isolamento e il deterioramento delle relazioni reali. 
  7. Alone together. Esprime un paradosso (si traduce “da soli-insieme”) che nasce dall’idea che la connettività perenne offerta dai dispositivi tecnologici sia un’arma a doppio taglio: le persone, pur interagendo costantemente tra loro online, si sentono più sole e isolate che mai, perché le relazioni instaurate nel mondo virtuale non hanno la stessa autenticità di quelle coltivate dal vivo. È una condizione che può portare anche al timore per le interazioni faccia a faccia, che richiedono spontaneità e capacità di gestire l’imprevedibilità (aspetti che il filtro dello schermo elimina).