Cleptomania: esiste davvero?

Redazione Pubblicato il 19/07/2016 Aggiornato il 19/07/2016

La risposta è sì, tanto che la ritroviamo nel manuale internazionale di psichiatria. Ma come distinguere un cleptomane da un ladro? Sbirciando tra la sua refurtiva

cleptomania

Il caso più famoso è quello dell’attrice Winona Ryder, che nel 2001 viene sorpresa a rubare in un grande magazzino di Beverly Hills. Distrazione, furberia o malattia? Il termine “cleptomania” indica, letteralmente, il “furto senza necessità”: il cleptomane si riconosce dalla refurtiva scelta a caso, spessa priva di valore, inutile, e poi per la reiterazione continua, quasi automatica, dello stesso comportamento.

Oggi, a differenza del passato, la cleptomania è riconosciuta come disturbo psichiatrico, catalogato tra i “disturbi del controllo degli impulsi”.

Un comportamento ripetitivo  e incontrollato

L’impulsività infatti è la caratteristica distintiva: il furto non è mai premeditato, il cleptomane ruba di tutto, quando e dove gli capita, accumula la refurtiva, e poi la butta via o addirittura la restituisce. Perché? Rubare è un atto fine a se stesso, un comportamento ripetitivo e incontrollato. Dopo l’euforia iniziale il cleptomane sta male, prova senso di colpa, rimorso, depressione. Che lo spingono a commettere nuovi furti.

Si comincia da adolescenti

Generalmente i primi segnali si manifestano nella tarda adolescenza, sebbene siano riportati anche casi nell’infanzia e nell’età matura. Circa i due terzi dei malati sono donne. Spesso si tratta di personalità fragili e instabili: ciò spiegherebbe perché i furti si intensificano per lo più nei momenti di stress o nei periodi critici, come un trauma o un lutto, che “riaccendono” il bisogno di rubare.

Serve una cura

La cleptomania, se non curata, può avere significative ripercussioni. I malati non riescono più a lavorare, dormire, avere una vita familiare serena. Poi ci sono le problematiche legali: al momento non esiste una legge che tuteli dal rischio di arresto o dall’obbligo di risarcimento della merce. Secondo una sentenza della Cassazione del 2013, anche in presenza di una psicopatologia accertata, occorre verificare se questa abbia inciso o meno sulla capacità di intendere e di volere al momento del fatto.

Tra farmaci e psicoterapia

Il trattamento prevede un ciclo di psicoterapia e a volte anche l’uso di farmaci. Possono essere previste anche sedute di gruppo: attraverso lo scambio di esperienze, il cleptomane individua le modalità attraverso le quali si scatenano gli impulsi. Per quanto riguarda i medicinali, possono comprendere antagonisti oppioidi, stabilizzanti dell’umore, antidepressivi serotoninergici. La cura farmacologica avviene sotto controllo medico per valutare gli effetti positivi e negativi e le eventuali modifiche del comportamento.