15/01/2018

Il gozzo

Il gozzo è una malattia della tiroide che consiste in un aumento delle dimensioni della ghiandola.

Non è sintomo di uno specifico disturbo in quanto può avere diverse cause e manifestarsi in presenza di ipertiroidismo, ma anche di ipotiroidismo. Ecco i tipi di gozzo più comuni.

Il gozzo semplice (non tossico)

Si chiama anche non tossico perché nella fase di equilibrio il livello di ormoni tiroidei FT3 e FT4 e il TSH è normale.

È causato da una maggiore stimolazione della tiroide da parte dell’ormone TSH prodotto dall’ipofisi. Oltre a farla lavorare di più, questo determina un aumento di volume della ghiandola stessa, che può essere molto variabile.

Il gozzo può essere endemico, ossia presente in oltre il 10% degli adulti in una determinata area geografica, soprattutto le zone di montagna (in Italia le Alpi), ma anche nelle aree collinari e di pianura. Sono le cosiddette aree di endemia gozzigena.

Questa forma di gozzo è causata dalla carenza di iodio che deriva dagli alimenti, mentre un ruolo minore è attribuibile al consumo di sostanze che determinano il gozzo.

La grave carenza di iodio può causare anche ipotiroidismo congenito nel neonato già presente alla nascita, ritardi di crescita e deficit intellettivi anche molto marcati (un fenomeno noto come cretinismo).

Oltre al gozzo endemico, esistono forme di ingrossamento della tiroide dovute a una minore produzione di ormoni tiroidei per difetti trasmessi per via ereditaria e ingrossamenti fisiologici, come succede per esempio in gravidanza.

Le persone che hanno un gozzo non tossico di grosse dimensioni possono avere difficoltà a deglutire sia i cibi solidi sia i liquidi, problemi respiratori e alterazioni del timbro della voce.

Qualche volta il gozzo non tossico può diventare tossico perché alcune aree della tiroide lavorano di più e producono quindi più ormoni.

Talvolta invece la malattia può evolvere verso l’ipotiroidismo, motivo per cui sono necessari esami periodici per identificare queste situazioni.

Il gozzo multinodulare (non tossico)

È l’evoluzione del gozzo semplice ed è anch’esso non tossico. Il tessuto ghiandolare, sottoposto a stimolazione cronica, sviluppa al suo interno gruppi di cellule che iniziano a moltiplicarsi in fretta e a formare dei noduli.

Questi possono raggiungere dimensioni di diversi centimetri e causare sintomi da compressione sugli organi circostanti.

Spesso, specie in età media o avanzata, qualcuno di questi può produrre più ormoni e determinare un ipertiroidismo da gozzo multinodulare tossico, soprattutto nelle aree endemche.

Il gozzo tossico

Altri tipi di gozzo sono chiamati “tossici”.
Il gozzo tossico uninodulare o morbo di Plummer è una forma rara, dovuta alla presenza di un tumore benigno che si sviluppa nella tiroide, producendo ormoni in eccesso.

Non sempre però questo disturbo causa ipertiroidismo perché tende a sopprimere la restante parte della ghiandola (per inibizione del TSH) e può quindi essere scoperto per caso.

Nel gozzo tossico multinodulare, invece, i noduli producono ormoni in eccesso che possono causare ipertiroidismo.

Sia il gozzo uninodulare sia quello multinodulare tossico vengono trattati con la somministrazione di iodio radioattivo oppure chirurgicamente.

La chirurgia è preferibile nei gozzi di grandi dimensioni che schiacciano la trachea e l’esofago.

L’uso dei farmaci anti-tiroidei, usati nella malattia di Basedow, è di solito limitato a ridurre l’ipertiroidismo prima dell’intervento chirurgico o della terapia con radioiodio.

Le cure

Se l’ingrossamento della tiroide è modesto, se i livelli di TSH sono normali e se non ci sono sintomi fastidiosi, è possibile non intervenire e tenere sotto controllo regolarmente la ghiandola. Se però compaiono sintomi compressivi o disturbi estetici, se i noduli crescono molto in fretta e si manifesta ipertiroidismo, è necessario intervenire.

Il gozzo multinodulare non tossico si può curare somministrando ormone tiroideo a dosi capaci di sopprimere il TSH e ridurre così le dimensioni della tiroide.

Questa cura può avere, come effetti collaterali, aumento della frequenza cardiaca e osteoporosi. Per questa ragione il trattamento è indicato solitamente nell’uomo e nella donna in giovane età, prima della menopausa e sempre in assenza di disturbi al cuore.

Se il gozzo è molto grande e comprime trachea ed esofago è indicata la chirurgia con asportazione totale della tiroide.

Il gozzo multinodulare tossico e il gozzo tossico uninodulare di Plummer possono essere curati con farmaci antitiroidei in preparazione all’intervento chirurgico o alla terapia con radioiodio. Se il nodulo tossico è ben delimitato, può essere trattato con ripetute iniezioni di alcol sotto controllo ecografico.

La malattia di Basedow

È il gozzo tossico più diffuso ed è la causa più frequente di ipertiroidismo. Si tratta di un disturbo autoimmune: il corpo produce anticorpi contro la tiroide, stimolandone le funzioni.

I sintomi

Il morbo di Basedow è caratterizzato, oltre che dall’aumento della dimensione della tiroide, dalla tendenza del bulbo oculare a sporgere all’esterno (chiamato esoftalmo).

Inoltre compaiono secchezza della pelle, nervosismo, dimagrimento, palpitazioni, sensibilità al caldo, ossia tutti quei disturbi comuni nelle situazioni di ipertiroidismo.

Altri sintomi sono causati dalla massa nel collo che comprime le strutture adiacenti. Possono quindi comparire difficoltà di deglutizione, tosse, difficoltà a respirare, qualche volta alterazione del timbro vocale.

La diagnosi

La diagnosi inizia da un attento esame obiettivo: lo specialista palpa la tiroide, valutandone dimensioni e la consistenza, cercando di capire l’eventuale presenza di noduli e, se presenti, farsi una prima idea della loro natura.

Si possono fare altri test di laboratorio: il dosaggio degli ormoni tiroidei e del TSH, in base ai quali è possibile distinguere fra gozzo tossico, che può causare ipertiroidismo ma essere ancora poco sintomatico, e quello non tossico.

In alcuni casi, può anche essere indicato ricercare la presenza di autoanticorpi antitireoglobulina (anti-TG), anti tireoperossidasi (anti-TPO), anti-recettore per il TSH (TSAb).

Importante è l’ecografia della tiroide, che permette di avere una descrizione anatomica dettagliata della ghiandola mettendo in rilievo la presenza anche di altri noduli oltre a quelli individuati con l’esame clinico.

Questo esame riesce a individuare noduli di pochi millimetri e rilevare dimensioni, presenza di calcificazioni o di aree liquide, tipi di margini e altri dati importanti che fanno capire allo specialista se il nodulo o i noduli hanno caratteristiche di benignità o malignità.

La scintigrafia permette di ottenere una valutazione sia morfologia sia funzionale della tiroide. Si effettua utilizzando radioisotopi che vengono captati dalla tiroide permettendo di distinguere aree fredde (ipofunzionanti), che possono nascondere un tumore e che richiedono una successiva valutazione con agoaspirato, e aree calde (iperfunzionanti), solitamente benigne.

L’agoaspirato o Fnab utilizza un ago sottile, condotto sotto guida ecografica, per prelevare una piccola quantità di tessuto che poi viene sottoposto a esame citologico, ossia alla “lettura” delle cellule aspirate. Si potrà quindi scoprire se il nodulo è benigno, sospetto o maligno.

La cura

La malattia di Basedow si cura somministrando farmaci antitiroidei, metimazolo e propiltiouracile, che riducono la produzione di ormoni inibendo la tireoperossidasi.

Il dosaggio di partenza è alto per ridurre i sintomi dell’ipertiroidismo, poi si tende progressivamente a scendere sino a raggiungere una quantità di mantenimento (decisa dallo specialista in base ai valori degli ormoni tiroidei). Questi farmaci devono essere presi per almeno 12-18 mesi. Alla sospensione una parte dei pazienti (30%) ha una remissione permanente, i restanti vanno incontro a una recidiva della malattia.
In alcuni casi è bene associare anche dei farmaci beta-bloccanti per controllare i sintomi dell’ipertiroidismo a carico del cuore.

L’intervento chirurgico

Quando la terapia medica non funziona o il gozzo è molto grande si può ricorrere alla chirurgia, che risolve l’ipertiroidismo nel 90-100% dei casi, a seconda che sia fatta una tiroidectomia parziale o totale.

La chirurgia della tiroide può presentare alcune rare complicanze (ridotta funzione delle ghiandole paratiroidi con conseguente ipocalcemia e paralisi delle corde vocali).

Dopo l’asportazione della tiroide (totale o parziale) è necessario sottoporsi a un adeguato trattamento ormonale sostitutivo a base di levo-tiroxina.

La terapia radiometabolica

È indicata nei soggetti che non rispondono al trattamento medico. Dopo la cura radiometabolica (con iodio radioattivo), se si sviluppa un ipotiroidismo, si deve iniziare un trattamento sostitutivo con levo-tiroxina.