23/10/2017

Insonnia: altri disturbi all’origine

Cause e soluzioni a diversi fastidi che possono provocare un riposo non ottimale

In alcuni casi l’insonnia è secondaria ad altri problemi. Le difficoltà di addormentamento e/o i risvegli più o meno consci sono dovuti, cioè, alla presenza di problematiche che, in qualche modo, influiscono sui meccanismi del sonno. Ecco quali sono le principali.

Forme occasionali o croniche

Le problematiche o malattie di cui parleremo di seguito possono essere responsabili sia dell’insonnia occasionale sia dell’insonnia cronica. Nel primo caso, le cure sono relativamente semplici: in genere, è sufficiente trattare la causa alla base per migliorare anche il sonno.

Quando l’insonnia è cronica, invece, la situazione è più complessa. Spesso, infatti, al fattore scatenante iniziale, nel tempo, si aggiungono altri elementi negativi, per cui il quadro va valutato attentamente dal medico. In questi casi può essere necessario, fatta la diagnosi, anche prescrivere dei farmaci specifici per migliorare il sonno.

Le apnee ostruttive

Per sindrome da apnee ostruttive del sonno, detta anche Osas (dall’inglese Obstructive sleep apnea syndrome), si intende un blocco momentaneo della respirazione durante il riposo notturno.

Alla base c’è una chiusura temporanea dello spazio delle prime vie aeree, che blocca il passaggio dell’aria attraverso la gola. Di conseguenza, si verifica un risveglio, spesso incosciente: è il cervello a ordinarlo, per permettere la ripresa della respirazione.

Questo disturbo frammenta il sonno, per cui la persona non riposa a sufficienza e va incontro a stanchezza e sonnolenza diurna, mancanza di concentrazione, diminuzione della prontezza di riflessi, riduzione delle performance.

I sintomi principali sono: forte russamento, stanchezza e sonnolenza diurna, calo del rendimento, mal di testa che compare al risveglio e migliora nel giro di 30-60 minuti, necessità di urinare più volte durante la notte (nicturia).

Le cause

Questo disturbo ha sicuramente una componente genetica. Le persone più a rischio sono quelle con una particolare struttura delle fibre muscolari delle prime vie aree, che le rende in qualche modo più “deboli”.

La predisposizione diventa malattia se interagisce con determinati fattori. Ecco i più comuni:

– sovrappeso: vari studi hanno dimostrato che il sovrappeso e l’obesità si associano a un restringimento delle vie aeree;

– collo di grandi dimensioni, più precisamente con circonferenza maggiore di 41 centimetri nelle donne e di 43 negli uomini: potrebbe ostacolare il passaggio dell’aria;

– mandibola piccola o lingua grossa: in entrambi i casi, l’aria fa più fatica a passare;

– ipertrofia delle tonsille: riduce lo spazio della gola attraverso cui passa l’aria;

– sesso maschile: l’ Osas è più comune negli uomini, mentre nelle donne è più frequente dopo la menopausa;

– russamento: le apnee sono precedute da una storia più o meno lunga (lunga nell’uomo, breve nella donna) di russamento.

Le soluzioni

In presenza di sintomi sospetti è importante farlo presente al proprio medico, il quale, se lo ritiene necessario, indirizzerà la persona in un centro del sonno.

La diagnosi è molto semplice: si basa sulla visita, il colloquio con il soggetto e i famigliari e l’esame polisonnografico.

Le cure variano a seconda della situazione. Se la persona è in sovrappeso è importante che segua una dieta ipocalorica, stabilita da un medico nutrizionista: a volte infatti sono sufficienti modesti dimagrimenti per migliorare la situazione.

Se alla base di tutto c’è una mandibola piccola, si può decidere di ricorrere a speciali byte notturni che fanno avanzare la mandibola, migliorando il passaggio dell’aria, oppure di effettuare un intervento chirurgico di ricostruzione dell’osso.

I classici interventi di tipo otorinolaringoiatrico sull’ugola, le tonsille, il palato vanno valutati con molta attenzione: sono indicati solo se effettivamente l’ostruzione si verifica a livello della struttura su cui si vuole agire.

In alcuni casi, è indicata la terapia posizionale, che consiste nell’abituare la persona a non dormire a pancia in su, una posizione che facilita le apnee. Oggi esistono anche dispositivi specifici, come il night shift, una specie di collarino che manda una piccola vibrazione al collo non appena ci si mette supini. Se il problema è di una certa entità, ossia se il soggetto soffre di 20-25 apnee per ogni ora di sonno, si può ricorrere al Cpap, un particolare dispositivo con un compressore che insuffla aria nel naso e nella bocca.

I crampi

I crampi sono contrazioni involontarie e improvvise di un muscolo o di un fascio di muscoli.

Sono accompagnati da fitte dolorose molto intense, che spesso immobilizzano la parte colpita e che, in genere, durano pochi minuti. Il muscolo appare contratto e duro al tatto, ma senza edemi o ecchimosi.

Se compaiono di notte possono determinare risvegli anche frequenti della persona, che di conseguenza non riesce a riposare bene e il giorno successivo sarà inevitabilmente stanca.

Le cause

All’origine dei crampi possono esserci vari fattori. Quando compaiono di notte a riposo, però, spesso sono dovuti a una diminuzione della quantità di sali minerali presenti nell’organismo. Alla base possono esserci determinati eventi, per esempio un’eccessiva sudorazione durante la stagione estiva. Se il crampo compare con una certa frequenza, bisogna fare attenzione: può essere dovuto a una carenza stabile di determinati minerali, come il potassio o il magnesio.

I crampi possono essere anche la spia di problemi circolatori, disturbi più o meno seri, che ostacolano il normale flusso sanguigno nel corpo. Infine, i crampi possono essere la spia di una sindrome delle gambe senza riposo.

Le soluzioni

Quando compare un crampo, per combattere il dolore, è bene non compiere movimenti attivi e non usare mai la forza come leva contro la contrattura instauratasi, perché potrebbe verificarsi la rottura delle fibre muscolari e, seppure raramente, il distacco di un tendine. Molto meglio massaggiare il muscolo, così da favorire la circolazione. Ecco qualche esempio su come ci si dovrebbe comportare:

– se a essere colpito è il piede, sollevare la gamba, tirando verso di sé le dita e spingendo in avanti il tallone;

– in caso di crampo al polpaccio, sollevare la gamba e piegare le dita dei piedi verso di sé;

– contro un crampo alla coscia, sollevare con molta delicatezza la gamba interessata e premere con una mano contro il ginocchio.

Se si è soggetti spesso a crampi notturni, è bene parlarne con il medico. Infatti, bisogna indagare le cause.In genere, per chiarire la situazione, si prescrivono alcuni esami, come le analisi del sangue, utili per controllare i livelli dei sali minerali o del ferro (sideremia e ferritina), e un ecocolordoppler degli arti inferiori per valutare la circolazione periferica.

Una volta stabilita l’origine del disturbo, il medico può decidere di prescrivere delle cure specifiche, come l’uso di integratori salini o a base di sostanze che facilitano il microcircolo. In questo modo, indirettamente, si cura anche l’insonnia.

La sindrome delle gambe senza riposo

Si tratta di un disordine di tipo neurologico, caratterizzato da un incontrollabile e urgente bisogno di muovere le gambe. Questo impulso può associarsi a sensazioni sgradevoli e talvolta dolorose, formicolio, prurito e crampi agli arti inferiori (soprattutto nella parte compresa fra caviglia e ginocchio).

Il disturbo tende a presentarsi nell’ultima parte della serata in concomitanza con il rilassamento muscolare che precede il sonno. Peggiora di notte, provocando difficoltà ad addormentarsi e a proseguire il sonno, ma può comparire anche durante il giorno, mentre la persona è seduta comodamente.

La sensazione sgradevole trova sollievo solo con il movimento della gambe e, a volte, costringe ad alzarsi per camminare o mettere il piede su una superficie fredda.

Le cause

Le cause della sindrome non sono del tutto note. Sicuramente alla base c’è una certa predisposizione genetica e famigliare: la metà delle persone colpite dal problema, infatti, ha un famigliare che soffre della stessa malattia.

Secondo la teoria più accreditata, questa problematica può essere ricondotta a una disfunzione del sistema dopaminergico centrale del cervello, che controlla il rilascio della dopamina, una sostanza chimica prodotta dall’organismo, in grado di trasmettere i segnali fra le cellule nervose deputate al controllo del movimento corporeo e di favorire o meno il rilassamento.

Nelle persone colpite dalla sindrome si assisterebbe a un malfunzionamento di questo meccanismo: in pratica, durante i momenti di riposo, la dopamina invierebbe segnali di movimento alle gambe, ostacolando così il relax.

In alcuni casi, la malattia dipende da una carenza di ferro o di vitamine, in altri ancora si associa a malattie come il diabete o come le neuropatie periferiche.

Le soluzioni

Durante “l’attacco” può essere di sollievo alzarsi dal letto e muovere le gambe: risulta più efficace assecondare l’impulso piuttosto che innervosirsi restando sdraiati. Utile anche non pensare troppo al problema: meglio accendere la luce e leggere un libro.

Molte persone tendono a sottovalutare i sintomi della sindrome delle gambe senza riposo. Invece, è importante prenderne coscienza e rivolgersi al medico.

Per combattere la malattia è necessario, se possibile, eliminare le cause alla base. Per esempio, se il disturbo è associato a una carenza di ferro o di vitamine, è importante variare la propria dieta e valutare insieme al medico l’opportunità di ricorrere a un integratore di ferro o di vitamine.

Se il medico lo ritiene necessario, può prescrivere una cura farmacologica. I medicinali più usati sono i dopamino-agonisti che funzionano stimolando il rilascio di dopamina. Questi farmaci si assumono generalmente una volta al giorno, dopo cena.

La depressione

La malattia depressiva si caratterizza per la comparsa di una serie di disturbi psichici e fisici, che non necessariamente sono presenti tutti insieme contemporaneamente.

A livello psichico, il soggetto depresso ha un tono dell’umore molto basso, non prova più piacere nel fare le attività che l’hanno sempre appassionato, è apatico, ha meno interessi, è irritabile. Inoltre, si sente inutile ed è pervaso da sensi di colpa e angoscia. Ai suoi occhi la vita perde ogni attrattiva e comporta solo dolore.

A livello fisico può provare stanchezza eccessiva, disturbi del sonno, incapacità di svolgere le normali attività, calo dell’appetito e del desiderio sessuale, rallentamento o agitazione motoria, disturbi della memoria e della concentrazione.

Uno dei sintomi più tipici della malattia, comunque, è la brusca diminuzione del bisogno di dormire. Tipicamente la persona depressa non fatica ad addormentarsi, ma dorme male e si sveglia molto presto.

Le cause

Le cause della depressione sono molteplici. Indubbiamente c’è una predisposizione genetica di base, che rende alcune persone più suscettibili. Tuttavia, un ruolo importante è ricoperto dai fattori ambientali. Probabilmente uno dei principali è rappresentato dal divario fra ritmi sociali e ritmi naturali: in pratica, quanto più ci si allontana dai ritmi di vita naturali tanto più sembrano aumentare le probabilità di ammalarsi.

Anche la scarsa esposizione alla luce solare (caratteristica dei mesi invernali) non aiuta. In effetti, in presenza della luce l’organismo secerne la serotonina, una sostanza che migliora l’umore e regola l’appetito e il piacere, mentre in presenza del buio produce la melatonina, che rende inclini alla tristezza.

Non va dimenticato poi il ruolo delle esperienze passate (particolarmente quelle infantili) e delle relazioni sociali e lavorative.

Infine, ci sono fattori che possono contribuire alla comparsa della depressione come la facilità a entrare in crisi in caso di stress, la mancanza di energia, l’incapacità di far valere le proprie opinioni, l’insicurezza, l’introversione, l’accentuata sensibilità, la tendenza a preoccuparsi, la dipendenza interpersonale.

I fattori genetici e ambientali determinano una serie di modificazioni a livello cerebrale, che portano poi alle manifestazioni tipiche della depressione. Una delle più importanti riguarda il funzionamento di alcuni neurotrasmettitori, sostanze chimiche prodotte da alcune cellule del cervello che permettono la trasmissione degli impulsi nervosi.

In caso di depressione, in particolare, si verifica una compromissione del funzionamento del sistema della serotonina, ma anche della noradrenalina, della dopamina e dell’acetilcolina: quattro neurotrasmettitori che svolgono un ruolo rilevante nei meccanismi che regolano il tono dell’umore, la capacità di reagire alle situazioni e il rapporto con il mondo esterno.

Le soluzioni

Spesso la prima diagnosi di malattia depressiva viene posta dal medico di base. In effetti, identificare i sintomi è spesso semplice. La conferma, comunque, deve essere fatta dallo specialista psichiatrico.

I trattamenti variano in relazione alle caratteristiche della persona e della malattia, ma in genere lo specialista prescrive cure farmacologiche in associazione a cure non farmacologiche. Per quanto riguarda i farmaci, si usano essenzialmente gli antidepressivi, che funzionano modulando l’azione dei neurotrasmettitori.

La cura farmacologica può essere abbinata alle terapie non farmacologiche basate su un cambiamento dei ritmi sociali, allo scopo di avvicinarli il più possibile a quelli biologici. Al momento, la più impiegata è la light-therapy o terapia della luce. L’esposizione alla luce tramite appositi macchinari, infatti, equilibra i livelli di melatonina e di serotonina nel sangue e “inganna” l’orologio biologico, facendogli credere che ci si trovi in estate anche se si è in inverno.

Contro la depressione, può essere utile anche manipolare il ritmo del sonno. In alcuni casi, soprattutto quando non si ottiene una buona risposta con i farmaci, si ricorre alla deprivazione del sonno: in pratica, si riduce significativamente il tempo totale di sonno del soggetto, secondo schemi precisi stabiliti dallo specialista. Spesso questa cura viene affiancata alla terapia della luce.

Il trattamento farmacologico può essere integrato anche con una psicoterapia breve.