24/10/2017

L’ernia del disco

È un disturbo piuttosto frequente che può interessare anche le persone giovani. La fascia più colpita è quella di età compresa fra i 30 e i 50 anni.

L’ernia del disco può essere altamente invalidante: causa un dolore fortissimo e può impedire anche i normali movimenti.

Consiste nella fuoriuscita del nucleo polposo di un disco intervertebrale dall’anello fibroso. Essa può essere di tre tipi, o meglio, può raggiungere tre stadi differenti.

Protrusione o ernia contenuta
Il nucleo fuoriesce attraverso la parte più interna dell’anello fibroso, ma la parte più esterna dell’anello fibroso e il legamento longitudinale posteriore (che serve a contenere il disco nella sua sede) sono integri. Di conseguenza, subentra una violenta infiammazione attorno alla radice nervosa interessata, che causa un tipico dolore alla schiena o irradiato all’arto (gamba o braccio) lungo il decorso del nervo interessato.

Ernia espulsa
Il nucleo, lacerando completamente l’anello e il legamento longitudinale posteriore, fuoriesce, mantenendo tuttavia una diretta connessione con il disco interessato.

Ernia migrata
Il nucleo polposo, oltre a fuoriuscire dal disco, si stacca e migra nel canale vertebrale.

Le cause

L’ernia è la conseguenza di particolari sollecitazioni che arrivano a usurare l’anello fibroso che contiene e protegge il nucleo esterno.

Non a caso le parti della colonna più colpite sono la lombare, sottoposta a continui stimoli durante i movimenti di flesso-estensione, e la cervicale, che compie sia movimenti rotatori sia di flesso-estensione per permettere i movimenti della testa.

Alla base possono esserci, per esempio, l’assunzione abituale di particolari posizioni (una vita troppo sedentaria, modo scorretto di sollevare pesi o di svolgere le comuni mansioni domestiche) e attività sportive o lavorative che comportano ripetute sollecitazioni al rachide lombare (sollevamento di pesi, movimenti reiterati del tronco eccetera).

I sintomi

Il sintomo principale è il dolore lancinante nel punto in cui si è verificata l’ernia, che limita fortemente i movimenti. Esso in parte dipende dalla compressione meccanica diretta delle radici nervose e in parte dall’irritazione chimica delle radici nervose causata dalle sostanze che compongono il nucleo polposo.

Nel caso dell’ernia lombare, a causa della compressione delle radici nervose presenti nel canale vertebrale, l’intenso dolore alla schiena può irradiarsi alla natica, alla coscia o prendere tutta la gamba fino al piede, in genere nella parte posteriore.

La gamba può, così, perdere forza muscolare e andare incontro a difficoltà motoria. Talvolta sono presenti anche formicolii.

L’ernia cervicale è la protuberanza di un disco che comprime e infiamma le radici nervose dirette a uno degli arti superiori e, eventualmente, anche il midollo spinale.

Si manifesta con dolore e debolezza del collo che s’irradiano verso il braccio in vari distretti (che cambiano in relazione al disco che è stato coinvolto).

La persona può sentire debolezza durante la flessione dell’avambraccio e l’estensione del polso, può avere difficoltà di presa, insensibilità alla spalla, al braccio superiore e alle dita.

Spesso si risolve da sola

Un tempo si tendeva a eliminare l’ernia con un’operazione chirurgica. Oggi si sa che nella maggior parte dei casi l’ernia si riassorbe da sola e che l’intervento non è privo di conseguenze, per cui si preferisce quasi sempre (salvo i casi più seri) ricorrere alle tecniche non chirurgiche, che favoriscono un recupero più rapido.

Occorre sapere, infatti, che molto spesso la guarigione è spontanea, perché l’ernia, nell’arco di poco tempo, tende a disidratarsi e ad asciugarsi.

Poi viene in parte “mangiata” dai macrofagi, cellule-spazzine che fanno parte del sistema immunitario.

Di conseguenza, la compressione delle radici nervose viene meno e le sostanze che causano l’infiammazione vengono progressivamente allontanate dalla zona (attraverso i macrofagi e la circolazione), permettendo la scomparsa progressiva dei sintomi.

Solitamente i tempi di risoluzione sono abbastanza rapidi: da alcuni giorni a un mese e mezzo o due.

Le cure

I farmaci antinfiammatori

In attesa che l’ernia passi da sola, è possibile ricorrere alla cura farmacologica, che ha l’obiettivo di ridurre l’infiammazione e il dolore. Le molecole più comunemente impiegate sono i Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei). Ma, considerata la marcata infiammazione, spesso si prescrivono i cortisonici, più potenti dei Fans.

Per la gestione del dolore è possibile anche ricorrere alle infiltrazioni di cortisone, che generalmente hanno una buona efficacia.

Nel caso di ernia cervicale, se il dolore è molto accentuato, può essere utile l’uso di un collare, anche se la riduzione del movimento può rallentare la guarigione.

Le tecniche di recupero

Molto usati sono anche i trattamenti terapeutici, che sono tesi a favorire il recupero spontaneo dell’ernia. Normalmente devono essere effettuati da personale altamente competente nel campo specifico del dolore vertebrale.

Consistono in mobilizzazioni manuali del collo o della zona lombare (raramente manipolazioni), esercizi specifici da continuare anche a casa, informazioni precise su cosa fare, cosa non fare e come comportarsi per favorire il recupero ed evitare peggioramenti o riacutizzazioni che potrebbero obbligare all’intervento.

L’ossigeno ozono terapia

Una tecnica conservativa molto utilizzata in questi casi è l’ossigeno ozono terapia, un trattamento poco invasivo che prevede l’utilizzo di una miscela di ossigeno e ozono.

L’ozono è una particolare forma di ossigeno arricchito le cui molecole sono formate da tre atomi di questo elemento (l’ossigeno presente in natura è formato, invece, da due atomi di ossigeno). La concentrazione dell’ozono utilizzato in terapia medica varia fra 0,5 e 5 grammi per metro cubo.

In Italia una legge del 1994 ne riconosce l’uso topico (cioè locale) e alcune applicazioni, come per l’ernia del disco, le ulcere, l’insufficienza venosa, le arteriopatie (malattia delle arterie) e la terapia antalgica.

Piccole iniezioni nella schiena

L’ossigeno ozono terapia è molto semplice. In pratica, si aspira da un apposito apparecchio una miscela di ossigeno e ozono che viene poi iniettata nell’organismo in modo diverso a seconda del disturbo.

Nel caso dell’ernia del disco la miscela viene veicolata tramite infiltrazioni nella muscolatura paravertebrale (muscoli della colonna).

La miscela è in grado di disidratare l’ernia. L’ossigeno e l’ozono, infatti, riescono a “prosciugare” la parte gelatinosa dell’ernia e a risolvere così il problema alla radice. Non curano, infatti, solo i sintomi, ma anche la causa. Il numero delle sedute viene valutato a seconda dei casi dal medico.

Efficacia e sicurezza

L’ossigeno ozono, non essendo un farmaco ma un gas naturale, non causa allergie, intolleranze o sensibilizzazioni. Per questo l’ossigeno ozono terapia può considerarsi un trattamento sicuro.

Anche le infiltrazioni non causano problemi: l’ago è molto sottile, l’operazione è velocissima e il dolore è ben tollerato. L’importante è che esse vengano effettuate da professionisti seri e molto preparati che sappiano come e dove “pungere”.

La persona, durante il trattamento, è stesa a pancia in giù su un lettino. Dopo, rimane sdraiata per alcuni minuti in modo da dare il tempo alla muscolatura di rilassarsi e al gas di venire assorbito.

Non c’è rischio di traumi, tanto che una volta alzatosi, il soggetto può riprendere subito le normali attività.

Il trattamento percutaneo

Un’altra opzione curativa è rappresentata dal trattamento percutaneo sintomatico, ossia una metodica che agisce solo sull’infiammazione senza “toccare” il disco.

In pratica, sotto guida Tac, si effettua un’anestesia locale e si esegue una piccola incisione postero-laterale, attraverso cui viene infilato un ago. Nell’ago viene fatto passare un agoelettrodo che emette radiofrequenze per quattro/sei minuti. Esse agiscono sulla radice nervosa interessata dall’ernia riducendo il dolore.

Successivamente si estrae l’agoelettrodo e, attraverso lo stesso ago, si inietta uno steroide (cortisonico) a lento rilascio, un farmaco a effetto antinfiammatorio.

Alla fine si asporta l’ago e si applica un cerotto. Dopo due ore, la persona può riprendere le sue normali attività. In genere basta una sola seduta, ma dipende dai casi.

Questo trattamento non può essere eseguito in presenza di malattie da sanguinamento, infezioni locali o generali, pace maker.

L’intervento chirurgico

Soprattutto quando subentra una perdita di forza importante che non migliora oppure quando, nonostante i farmaci e la fisioterapia, il dolore aumenta, si ricorre alla chirurgia.

Le due metodiche di intervento più utilizzate in casi di ernia del disco sono la microdiscectomia tradizionale e quella endoscopica. Entrambe possono essere eseguite in anestesia locale.

– La microdiscectomia tradizionale garantisce buoni risultati. In pratica, consiste nella rimozione del materiale discale erniato e del disco da cui questo proviene. Permette di limitare molto le dimensioni dell’incisione e del campo operatorio e richiede l’uso del microscopio operatorio.

– La microdiscectomia endoscopica, invece, si avvale dell’endoscopio, uno strumento costituito da un piccolo tubo flessibile, a sua volta formato da una serie di sottilissime fibre ottiche, collegate a una telecamera. Dopo aver praticato un’incisione di pochi millimetri, l’endoscopio viene inserito nella zona da trattare. È proprio attraverso questo tubo che il chirurgo asporta l’ernia.

Obiettivo di entrambe le tecniche è quello di limitare al massimo l’impatto sulle strutture anatomiche che devono essere attraversate per arrivare fino al disco.

Da qualche anno, specialmente in presenza di un’ernia discale cervicale, si può ricorrere anche alla discoplastica.

– La discoplastica consiste nell’impianto di protesi in grado di sostituire i dischi intervertebrali lesionati.

Rispetto all’intervento tradizionale, che prevede la rimozione del disco e l’immobilizzazione del segmento di colonna interessato con una placca, la discoplastica ha il vantaggio di far mantenere un certo grado di mobilità e di movimento.

Per questo viene impiegata soprattutto nei soggetti giovani, quando è possibile un accesso anteriore: in pratica, si fa una piccola incisione sul collo che permette di arrivare facilmente al tratto cervicale senza la necessità di strappare i muscoli dalle loro inserzioni, si asporta il disco degenerato e si impianta la protesi.

La discoplastica può essere adottata anche a livello lombare in presenza di fenomeni di invecchiamento precoce della colonna, con danneggiamento dei dischi.

La prevenzione

Alla fine del ciclo di cura è importante che la persona cerchi di risolvere le cause che hanno portato alla formazione dell’ernia, anche perché il rischio di recidiva (qualunque sia stato il trattamento) è elevato per due anni.

Per esempio, alcune categorie di lavoratori sono più a rischio a causa dei difetti di postura derivanti proprio dalla professione (come i muratori, gli autisti, ma anche gli impiegati).

Gli esperti consigliano quindi di impostare un programma di prevenzione e di “mantenimento” basato su un’attività fisica regolare che preveda l’uso corretto della schiena.

La prevenzione è importantissima poiché in genere l’ernia del disco deriva proprio da comportamenti errati.

Prima di tutto sarebbe meglio evitare di condurre una vita completamente sedentaria e cercare di non aumentare di peso: combinati insieme questi due fattori vanno a gravare sulla colonna vertebrale e, di conseguenza, sui dischi.

Inoltre, è fondamentale imparare ad assumere posizioni corrette in ogni circostanza.