13/10/2017

Visita oculistica ed esami

Gli occhi sono una struttura delicata e importantissima. Per questo vanno controllati con frequenza. A maggior ragione in presenza di piccoli disturbi, malattie vere e proprie o vizi refrattivi. Per valutare la situazione, lo specialista può ricorrere a diversi esami. Vediamo i principali.

Dall’infanzia all’adolescenza

Le mamme, pur così attente quando si tratta della salute e del benessere dei figli, spesso non sono consapevoli dell’importanza delle visite oculiste in età infantile.
Dalla nascita in poi, infatti, vanno previsti alcuni controlli:

  • alla nascita: si effettua spesso un controllo di routine, per escludere o meno eventuali malattie congenite e la congiuntivite tipica del neonato. Dopo questo primo controllo si può tornare dall’oculista anche attorno al primo anno di vita, ma in genere ciò accade solo se i genitori rilevano strabismo o altri problemi;
  • a quattro anni: è necessario un controllo per valutare quanto e come il bimbo vede (non è possibile farlo prima). È proprio con questa visita che si può scoprire il cosiddetto “occhio pigro”;
  • a sei anni: è utile fare una visita prima di iniziare la scuola per controllare in modo completo la funzionalità visiva;
  • durante l’adolescenza: se non compaiono segnali prima, è necessaria una nuova visita tra i 10 e i 15 anni, età in cui normalmente si manifesta la miopia.

Nell’età adulta

Superata l’adolescenza, chi soffre di vizi refrattivi o di malattie specifiche deve sottoporsi a visite periodiche: sarà il medico a indicare la frequenza più indicata al caso specifico.
Le persone che non presentano problemi, invece, possono rimandare l’appuntamento con l’oculista intorno ai 40 anni. Questo sempre che non subentrino problemi o anomalie: in caso di disturbi anche minimi agli occhi e alla vista, infatti, è sempre bene rivolgersi all’oculista per un controllo.
Dopo i 40 anni, è importante ritornare a farsi visitare con una certa frequenza (una volta ogni anno e mezzo se si sta bene): a partire da questa età, infatti, possono subentrare i problemi legati all’invecchiamento e alla degenerazione delle strutture dell’occhio.

Gli esami diagnostici

L’oculista, a seconda della persona, dei disturbi lamentati, della situazione specifica, può effettuare alcuni esami per controllare la salute degli occhi. Eccone alcuni tra quelli più comuni.

La valutazione con tavola ottotipica

La persona viene invitata a guardare, prima con un occhio e poi con l’altro, una tavola luminosa posta a una certa distanza, suddivisa in varie righe: su ciascuna riga sono presenti una serie di lettere. Andando dall’alto verso il basso, le lettere si rimpiccioliscono.
In base alla capacità di riconoscere le lettere, l’oculista può calcolare la capacità di visione da lontano.

L’autorefrattometria

Si tratta di un esame computerizzato, utile per determinare l’errore refrattivo di un occhio in maniera oggettiva. In pratica, la persona viene invitata a guardare all’interno di un apposito strumento che, avvalendosi dei raggi infrarossi, riesce a determinare la migliore correzione ottica per la compensazione dell’eventuale difetto refrattivo.
Per una migliore precisione dei risultati, l’esame va eseguito anche a pupilla dilatata (dopo l’instillazione di alcune gocce di un collirio che è in grado di dilatare la pupilla).
Permette di valutare eventuali difetti visivi già diagnosticati oppure di portare alla luce possibili difetti latenti (spesso molte persone hanno lievi difetti senza saperlo).

Lo studio della funzione lacrimale

Per valutare se l’occhio è sufficientemente lubrificato oppure se tende alla disidratazione, si può ricorrere a due esami:

  • il break up time: è un esame che misura il tempo di rottura del film lacrimale. In pratica, si colora la cornea con una particolare sostanza, la fluoresceina, e si osserva la zona con una speciale lampada a fessura. Quindi, si chiede alla persona di mantenere la palpebra aperta il più a lungo possibile. Poi si misura il tempo che intercorre tra l’ultimo ammiccamento e la formazione di piccole aree asciutte sulla superficie corneale, facendo la media di tre successive determinazioni. Se la media è inferiore ai 10 secondi, la lubrificazione è considerata scarsa;
  • il test di Schirmer: consiste nell’introduzione, nell’occhio, di una striscia di carta assorbente con una scala graduata. La striscia va lasciata in posizione per circa cinque minuti (con le palpebre chiuse). Al termine si vede fin dove le strisce si sono imbevute, stabilendo così se la quantità di lacrime è sufficiente (in genere lo è se supera i 12 millimetri) oppure no.

Il test di allineamento degli assi visivi

Serve a valutare se i due occhi sono dritti e paralleli.
Il medico pone una sorgente luminosa davanti alla persona e osserva se il riflesso è centrato in entrambi gli occhi.

Il cover test

Consente di diagnosticare la presenza di strabismo.
Il medico fa fissare al soggetto un oggetto lontano e poi vicino e gli ostacola alternativamente un occhio: dai movimenti dell’occhio capisce il problema.

Lo stereotest

Permette di valutare la visione binoculare (data solo dalla funzione ottimale dei due occhi).
Il medico mostra una particolare tavola piena di punteggiature, nella quale, se tutto è a posto, la persona dovrebbe cogliere immagini tridimensionali e in rilievo.

L’esame del fondo dell’occhio

Valuta la retina e la papilla (cioè la testa del nervo ottico), che appare pallida ed escavata in caso di sofferenza.
Si esegue dopo aver instillato negli occhi della persona qualche goccia di un collirio speciale che permette la dilatazione della pupilla. In questo modo, l’oculista, utilizzando un apposito strumento riesce ad avere una migliore visione dell’interno del bulbo oculare.

La misurazione del tono oculare

Serve per valutare la pressione interna dell’occhio.
Prima dell’esame vero e proprio vengono instillate nell’occhio alcune gocce di collirio anestetico, dopodiché lo specialista appoggia delicatamente sull’occhio un piccolo cono di plastica. Questo cono è collegato al tonometro, lo strumento che permette di rilevare i valori della pressione dell’occhio.
In alternativa, si può usare il tonometro a soffio, che non richiede contatto con la superficie dell’occhio. In pratica, si indirizza verso l’occhio un lieve getto di aria compressa. In base al grado di deformazione del bulbo oculare viene calcolata la pressione dell’occhio. Questa metodica è però meno precisa.
La rilevazione può anche essere ripetuta in diversi momenti della giornata, perché la pressione interna dell’occhio può variare a seconda delle situazioni.

La perimetria

Si tratta della valutazione del campo visivo. Consente di sapere con precisione di quanto si è ridotta l’area di visione della persona.
Prima di iniziare l’esame, la testa della persona viene posizionata di fronte a uno schermo sul quale appaiono diversi segnali luminosi, la cui presenza va segnalata schiacciando un pulsante. In caso di affezioni delle vie ottiche, la persona non sarà in grado di vedere tutti i segnali, soprattutto quelli posizionati ai lati dell’occhio.

La gonioscopia

Permette di valutare l’estensione dello spazio compreso tra la cornea, l’iride e il cristallino. Si esegue appoggiando una speciale lente sull’occhio e utilizzando uno specchio inclinato.
Aiuta a identificare eventuali anomalie della zona.

La tomografia ottica computerizzata

Si tratta di un’indagine non invasiva e indolore, che impiega un apparecchio laser a infrarossi, a bassa potenza e non nocivi, allo scopo di fotografare la retina e gli strati oculari più profondi e di visualizzarne l’anatomia.
La persona viene fatta posizionare davanti all’apparecchiatura, con il mento e la fronte appoggiati a due appositi sostegni, allo scopo di mantenere gli occhi perfettamente fermi.
L’esame dura pochi minuti e funziona come una semplice macchina fotografica: esegue una sequenza numerosa di scatti, attraverso i quali identifica chiaramente le condizioni della retina, evidenziandone eventuali anomalie. Questo esame permette anche di studiare la parte anteriore dell’occhio.

La conta delle cellule endoteliali

La cornea è rivestita internamente da uno strato di cellule endoteliali, che le permettono di rimanere trasparente. Queste cellule non si rigenerano con il tempo, di conseguenza conoscerne il numero e l’aspetto permette di verificare lo stato di salute generale dell’occhio.
La persona deve appoggiare mento e fronte ai supporti predisposti, per permettere all’apparecchio, dotato di un microscopio, di fotografare l’occhio. La foto permette di verificare lo stato dell’endotelio corneale e calcolare la quantità di cellule residue.