25/10/2017

L’infezione da HIV

A differenza di quanto si pensi, non è affatto una malattia scomparsa. Solo in Italia, ogni giorno 11 persone scoprono di essere sieropositive. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità le nuove diagnosi di infezione da hiv sono 4 mila l’anno. Fortunatamente non tutte evolvono in Aids. Essere sieropositivi, infatti, non significa necessariamente avere la sindrome da immunodeficienza acquisita. Ecco perché.

Di che cosa si tratta

L’Hiv (Human immunodeficiency virus) è il virus dell’immunodeficienza umana, responsabile dell’Aids, la sindrome da immunodeficienza acquisita.

Sono stati identificati due tipi principali di Hiv, denominati Hiv-1 e Hiv-2, che sembrano avere caratteristiche patologiche e cliniche simili. Il più diffuso comunque è il virus Hiv-1.

Una volta che è entrato a contatto con l’organismo, il virus inizia a riprodursi, distruggendo in maniera progressiva alcune cellule del sistema immunitario (il naturale sistema di difesa dell’organismo).

La persona malata, dunque, nel tempo perde la sua capacità di difesa e si indebolisce sempre di più, diventando maggiormente vulnerabile all’attacco di agenti estranei e nocivi.

La modalità di trasmissione

Il virus Hiv è contenuto nel sangue, nelle secrezioni genitali (secrezioni vaginali, liquido pre-eiaculatorio, sperma) e nel latte materno delle persone infette. Per questo, il contagio avviene quando si entra in contatto con questi liquidi.

Va invece sottolineato che le lacrime, il sudore, la saliva, ma anche l’urina, le feci, il vomito e le secrezioni nasali non trasmettono l’infezione da Hiv.

Oggi, la maggior parte delle persone si ammala in seguito a rapporti sessuali a rischio, cioè con partner infetti e senza uso del preservativo. La trasmissione è possibile anche se le mucose sono apparentemente integre. Tuttavia, il rischio aumenta in presenza di lacerazioni e lesioni dei genitali dovute a certe pratiche sessuali (come il sesso anale) e ad altre malattie.

Le mamme sieropositive, oltre che con l’allattamento, possono trasmettere il virus al figlio durante il periodo fetale e al momento del parto.

Sieropositività e Aids

Essere sieropositivi all’Hiv non significa sempre essere ammalati di Aids.

Si parla di sieropositività quando si riscontra la presenza nel sangue di anticorpi anti-Hiv ma non sono ancora comparse le infezioni opportunistiche (tipo polmonite, toxoplasmosi, esofagite eccetera), come invece avviene nell’Aids.

L’Aids subentra quando le difese immunitarie sono state talmente indebolite dall’Hiv da non riuscire più a proteggere l’organismo da microrganismi che potrebbero essere innocui.

La diagnosi e le terapie tempestive possono ritardare di moltissimo e addirittura impedire la comparsa dell’Aids.

Anche la persona sieropositiva può trasmettere il virus.

In genere, da quando il virus entra nell’organismo al momento in cui si possono scoprire gli anticorpi nel sangue passano da due settimane a tre mesi: è il “periodo finestra”, durante il quale la persona è sieronegativa, perché nel suo sangue non sono dosabili gli anticorpi, ma è comunque in grado di trasmettere l’infezione.

Come si manifesta

Durante il periodo finestra in genere non ci sono sintomi. Poi possono comparire manifestazioni lievi e aspecifiche, come: stanchezza, dimagrimento, diarrea per lungo periodo senza causa apparente, ingrossamento dei linfonodi del collo e delle ascelle, difficoltà a respirare, febbre, lividi sulla pelle.

In seguito o anche fin da subito, molti sieropositivi vivono per anni senza alcun sintomo, accorgendosi del contagio solo quando subentra una malattia opportunistica o quando eseguono dei controlli per altri motivi.

In altri casi, possono ricomparire i sintomi iniziali.

Le possibili complicanze

Con il tempo, se non opportunamente trattata, l’infezione da Hiv provoca un indebolimento progressivo del sistema immunitario (il naturale sistema di difesa dell’organismo) e la comparsa di infezioni e malattie, dette secondarie o “opportunistiche”, dei polmoni, del cervello, dell’intestino o del sangue che possono portare alla morte.

L’inefficienza del sistema immunitario aumenta anche il rischio di alcuni tumori (come i linfomi).

Le cure

La sieropositività è una condizione irreversibile: dall’Hiv non si può quindi guarire. Tuttavia, esiste una cura in grado di limitare la replicazione del virus, consentendo la ripresa del sistema immunitario e ritardando la comparsa dell’Aids.

Si tratta della terapia antiretrovirale, che si basa sull’uso di più farmaci diretti contro enzimi virali (come gli inibitori nucleosidici o non-nucleosidici della trascrittasi inversa, e gli inibitori della proteasi e della integrasi).

Questi farmaci hanno permesso un miglioramento dell’aspettativa di vita dei malati.

Consigli di prevenzione

Purtroppo non esiste un vaccino preventivo contro il contagio da Hiv. L’unica prevenzione possibile, dunque, è quella relativa ai comportamenti assunti.

– Quando si hanno contatti sessuali con persone sconosciute o con partner non abituali è fondamentale usare il preservativo, l’unico metodo barriera in grado di fornire una protezione efficace.

– Il preservativo va indossato dall’inizio alla fine del rapporto in modo corretto: occorre srotolarlo sul pene in erezione, eliminare l’aria dal serbatoio, fare attenzione a non danneggiarlo con unghie o anelli, evitare l’uso di lubrificanti oleosi (vaselina) che potrebbero alterare la struttura del preservativo e provocarne la rottura.

– Anche la conservazione del preservativo è importante: tenerlo lontano da fonti di calore (cruscotto dell’auto e altro) e non ripiegarlo (nelle tasche, nel portafoglio).

– Attenzione a tutti gli altri metodi anticoncezionali: il coito interrotto, la pillola anticoncezionale, il diaframma, l’anello vaginale e la spirale non proteggono dal contagio, così come le lavande vaginali dopo un rapporto sessuale.