16/10/2017

L’infarto del miocardio

È una delle malattie cardiocircolatorie più temibili. Secondo le stime, ogni anno sono circa 120mila gli italiani che vanno incontro a un infarto acuto del miocardio. Se individuata e trattata precocemente, la malattia può essere sconfitta. Ecco perché è importante conoscere i campanelli di allarme.

Mancanza di ossigeno al cuore

Per infarto miocardico s’intende la morte di una parte del muscolo cardiaco, a causa di un’ischemia, ossia una mancanza di ossigeno, protratta nel tempo e irreversibile.

In pratica, il cuore riceve una quantità insufficiente di sangue, ossigeno e nutrimento, per cui va incontro a una sofferenza che determina una necrosi più o meno estesa a seconda dei casi.

A determinare il passaggio da ischemia a infarto è la durata dell’assenza di flusso: infatti, il muscolo cardiaco riesce a tollerare l’assenza di irrorazione per un tempo limitato (meno di 30 minuti), poi comincia ad andare in necrosi e a morire.

L’infarto, oltre a essere pericoloso di per sé, lo è anche perché può favorire la comparsa di aritmie, talvolta molto pericolose, e di un deficit della funzione di pompa del cuore detto scompenso cardiaco.

Nelle fasce di popolazione più giovani la malattia è più comune negli uomini, mentre in età avanzata le donne sono colpite con maggiore frequenza e in maniera più grave.

Da che cosa dipende

Nella maggior parte dei casi, l’infarto è determinato dall’occlusione di una o più arterie coronarie, le arterie che irrorano il cuore portandogli ossigeno e nutrimento. A sua volta, questa ostruzione può avvenire per progressione di una placca aterosclerotica fino all’occlusione del vaso oppure per trombosi.

La trombosi delle coronarie è determinata spesso dalla formazione di un trombo in corrispondenza di una placca aterosclerotica che si rompe improvvisamente e innesca un’aggregazione di piastrine. Se questo ostacolo non viene rimosso rapidamente, la zona di miocardio irrorata da quell’arteria muore e si verifica l’infarto.
In una minoranza di persone, la necrosi avviene anche se le coronarie sono sane. In questi casi, alla base possono esserci altre malattie, come insufficienza respiratoria, grave anemia, aritmie importanti, oppure uno spasmo delle coronarie o un grave abbassamento della pressione. In tutte queste condizioni, si verifica uno squilibrio tra la richiesta e l’apporto di ossigeno al miocardio.

I fattori di rischio

I fattori di rischio sono gli stessi dell’aterosclerosi e di tutte le altre malattie cardiovascolari, quindi:

– un livello eccesivo di colesterolo Ldl, il colesterolo “cattivo”;

– un basso livello di colesterolo Hdl (quello “buono”),

– sedentarietà,

– diabete,

– fumo,

– dieta troppo ricca di grassi e zuccheri,

– pressione arteriosa elevata,

– familiarità,

– sovrappeso e obesità,

– utilizzo di droghe.

Come si manifesta

Il sintomo più caratteristico dell’infarto, quello con cui la maggior parte delle persone identifica la malattia, è costituito da un dolore intenso e prolungato al petto, localizzato dietro allo sterno, che dura almeno 20 minuti.

In molte persone il dolore si manifesta con un’oppressione toracica, descritta come una morsa stretta intorno al torace o come un peso che schiaccia il torace, mentre in altre sembra più un mal di stomaco, simile a quello che compare dopo un’indigestione.

Non di rado il dolore si irradia alle spalle, alle braccia (più comunemente al sinistro), al collo, alla mandibola, ai denti, al dorso.

Tuttavia, occorre tenere presente che specialmente negli anziani, nelle donne e nelle persone che soffrono di diabete l’infarto può non provocare dolore.

In associazione o in alternativa, possono comparire anche altri sintomi come: nausea e vomito, affanno improvviso (dispnea), accessi di sudorazione fredda, svenimento, vertigini improvvise, stato d’ansia, debolezza marcata e improvvisa (astenia), polso irregolare, stato d’angoscia, pallore del viso. A volte sono presenti anche bruciore al petto, un formicolio alle dita della mano sinistra o una sensazione di peso o di stanchezza al braccio.

È importante ricordare che l’infarto rappresenta un’emergenza e richiede un trattamento immediato.

Le cure

Il trattamento della malattia coronarica si basa su tre cardini: la terapia farmacologica, la dilatazione con palloncino delle coronarie stenotiche (angioplastica coronarica) e la chirurgia mediante bypass aorto-coronarico. Lo scopo è promuovere la riapertura della coronaria che si è occlusa nel più breve tempo possibile. Sarà l’équipe medica a decidere come procedere in relazione alla situazione.

 I farmaci

I farmaci più usati in questi casi sono:

– antiaggreganti piastrinici, che fluidificano il sangue e sono essenziali in caso di angioplastica con impianto di stent coronarici (vedi successivamente),

– nitrati che producono l’ossido di azoto, una sostanza in grado di rilasciare la muscolatura dei vasi, dilatandoli, e di favorire così la circolazione nei tessuti colpiti;

– betabloccanti, che riducono la frequenza cardiaca e consentono al cuore di stare parzialmente a riposo;
– antiaritmici, che ripristinano il normale ritmo del battito cardiaco;

– trombolitici, che aiutano a dissolvere gli eventuali trombi;

– statine, che concorrono ad abbassare i livelli di colesterolo nel sangue e, se introdotti presto dopo un infarto, possono contribuire ad aumentare la sopravvivenza.

– L’angioplastica coronarica

Si tratta di una procedura poco invasiva che permette di dilatare la placca che ostruisce la coronaria tramite l’inserimento di un palloncino.

In pratica, nella maggior parte dei casi attraverso l’arteria femorale della gamba oppure l’arteria radiale del braccio, si inserisce un catetere e, sotto controllo radiografico, lo si sospinge fino alla coronaria malata.
Il catetere presenta all’estremità un palloncino che, una volta raggiunto il punto del restringimento, viene gonfiato tramite un apposito strumento. In questo modo riesce a schiacciare la placca sulle pareti del vaso. Una volta espletato il suo compito, il palloncino viene sgonfiato e rimosso.

Durante la procedura, è possibile applicare nel lume del vaso un particolare supporto denominato stent, che consente di ridurre drasticamente il rischio di riocclusione del vaso trattato: si tratta di una sorta di retina metallica biocompatibile a maglie molto strette che mantiene aperta l’arteria trattata e che viene posizionata in corrispondenza della placca aterosclerotica precedentemente dilatata con il palloncino.

– Il bypass aorto-coronarico

Il bypass aorto-coronarico è un intervento cardiochirurgico molto complesso e invasivo che consiste nel creare un percorso alternativo, che permette al sangue di scavalcare il tratto di coronaria occluso e di arrivare così al cuore attraverso un’altra via.

In pratica, si costruisce una sorta di ponte utilizzando un altro vaso, in genere la vena grande safena della gamba, l’arteria mammaria destra o sinistra oppure l’arteria radiale dell’avambraccio.

Nella maggior parte dei casi l’intervento viene eseguito a cielo aperto, cioè con l’arresto temporaneo del cuore e il ricorso alla circolazione extracorporea, una macchina costituita da una pompa e da un ossigenatore che sostituiscono il cuore e i polmoni, momentaneamente inattivi.

Solo in pazienti selezionati si può procedere a cuore battente, con tecniche all’avanguardia.

– La riabilitazione post infarto

Dopo un infarto può essere indicato un periodo di riabilitazione cardiologica, che permette di:

– riprendere gradualmente le abitudini quotidiane, ovviamente con alcune modifiche se necessarie;

– impostare le terapie che dovranno essere seguite nella vita extra-ospedaliera;

– imparare uno stile di vita atto a prevenire altri episodi simili.

Le regole di prevenzione

L’infarto del miocardio può essere prevenuto trattando i fattori di rischio, come ipertensione e diabete, attenendosi alle cure prescritte dal medico e modificando il proprio stile di vita. In particolare è importante:
– seguire un’alimentazione sana, equilibrata dal punto di vista quantitativo e qualitativo, ricca di frutta e verdure, povera di grassi saturi (che si trovano in condimenti di origine animale, carni rosse, salumi, insaccati, formaggi) e di zuccheri;
– ridurre l’uso del sale e dei cibi salati, perché innalzano la pressione e danneggiano i vasi;
– praticare una regolare attività fisica aerobica, che svolge diversi ruoli benefici;
– non bere più di un bicchiere di vino al giorno per le donne e non più di due per gli uomini;
– combattere sovrappeso e obesità;
– smettere di fumare;
– imparare a gestire lo stress;
– evitare l’impiego di droghe di qualsiasi tipo.