16/10/2017

L’ictus

In Italia l’ictus cerebrale rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e la prima causa assoluta di disabilità nelle persone adulte. Per questo vale la pena sapere di che cosa si tratta e quali sono le regole da seguire per diminuire il rischio di ammalarsi.

Mancanza di sangue al cervello

Si utilizza il termine ictus per definire il danno cerebrale che compare quando l’afflusso del sangue diretto al cervello si interrompe improvvisamente per l’occlusione o la rottura di un’arteria.

Nel primo caso si parla di infarto cerebrale o “ictus ischemico”, nel secondo caso, invece, di un’emorragia cerebrale o “ictus emorragico”. L’ictus ischemico è la forma più frequente (riguarda l’85% circa dei casi) e fortunatamente anche quella più facile da trattare. L’ictus emorragico invece è più grave e in oltre il 50% dei casi conduce alla morte.

Spesso la malattia riguarda una o entrambe le carotidi, le arterie che distribuiscono al cervello il sangue ossigenato proveniente dall’aorta.

Da che cosa dipende

L’occlusione o l’ostruzione delle arterie che portano il sangue al cervello si verifica spesso in seguito alla formazione di placche aterosclerotiche.

Queste, infatti, possono determinare l’indurimento e il restringimento della parete interna dei vasi, che se inferiore al 70% spesso rimane asintomatico per lungo tempo. Addirittura si può arrivare a un’occlusione completa del vaso senza che compaiano danni evidenti. Questo perché il cervello viene rifornito da altri vasi.

Talvolta, dalla placca si staccano emboli che migrano al cervello, dando origine a micro-infarti che sono alla base delle classiche demenze vascolari.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, una stenosi superiore al 70% può determinare un Tia, un attacco ischemico transitorio, o un ictus vero e proprio.

Occorre considerare però che la chiusura dei vasi cerebrali può essere anche causata da emboli che partono da placche dei piccoli vasi all’interno del cervello o dal cuore.

L’improvvisa rottura di un’arteria cerebrale, invece, in genere è causata da elevati valori di pressione arteriosa. Quando un’arteria si rompe, le cellule cerebrali soffrono due volte: sia perché non ricevono più sangue, sia perché il sangue, sotto pressione, comprime il tessuto cerebrale circostante.

Ci sono anche cause minori di ictus, che colpiscono soprattutto i giovani, come i difetti congeniti della coagulazione del sangue, le malattie reumatologiche, la presenza di un piccolo foro tra i due atri del cuore.

I fattori di rischio

– Età;
– sesso maschile;
– famigliarità per ictus (con genitori, fratelli/sorelle, figli colpiti);
– Tia (attacco ischemico transitorio) precedente;
– ipertensione arteriosa;
– ipercolesterolemia;
– diabete mellito;
– fumo di sigaretta;
– eccessivo consumo di alcol;
– obesità;
– dieta scorretta;
– sedentarietà;
– presenza di altre malattie, come fibrillazione atriale, ipertrofia ventricolare sinistra, malattia renale cronica, aterosclerosi carotidea, pregresso infarto.

Come si manifesta

Gli ictus non sono tutti uguali. Se causano un danno cerebrale minimo sono considerati leggeri (in termini tecnici si parla di minor stroke), mentre se causano danni cerebrali importanti sono considerati gravi (major stroke). In ogni caso compaiono in modo improvviso, in genere senza dolore. Solo gli ictus emorragici possono dare un forte mal di testa.

Nei casi meno seri compaiono sintomi meno importanti come lieve riduzione del movimento di una parte del corpo, difficoltà transitoria a pronunciare le parole, mancanza di forza e/o di sensibilità e/o formicolio a un braccio e o una gamba, problemi di visione, paresi facciale, perdita di equilibrio, comparsa di sbandamenti o vertigini, incapacità di aprire o chiudere una palpebra, incapacità di comprendere cosa dicono le altre persone.

Gli ictus gravi possono arrivare a paralizzare completamente un lato del corpo, impedire completamente di parlare, causare la cecità permanente di un occhio. L’ictus grave può anche essere fatale e condurre a morte.

L’attacco ischemico transitorio (Tia)

In alcuni casi, i sintomi scompaiono spontaneamente entro 24 ore. Si parla allora di attacco ischemico transitorio o Tia.

Anche se reversibile, il Tia non va assolutamente sottovalutato. Chi ha sofferto di questo problema, infatti, può facilmente andare incontro a un ictus vero e proprio: l’attacco ischemico transitorio segnala che la circolazione non funziona come dovrebbe. È importante allora considerarlo per ciò che è: un campanello di allarme che, se ascoltato, potrebbe permettere di salvare la vita.

Per questo, è necessario recarsi comunque al Pronto soccorso. Anche perché, è bene tenerlo presente, non si può sapere in anticipo se i sintomi regrediranno in poche ore oppure se persisteranno.

Le cure

L’ictus richiede sempre cure urgenti e tempestive. Per questo, quando se si sospetta la presenza della malattia è importante portare la persona in ospedali dotati di Stroke Unit. Si tratta di strutture dedicate alla cura dell’ictus, dove lavora personale altamente preparato, in grado di fare una diagnosi corretta e di individuare la cura adeguata nel minor tempo possibile.

In presenza di un ictus ischemico insorto da poco, la cura di elezione è rappresentata della trombolisi: in pratica, si somministrano per via endovenosa sostanze trombolitiche, che hanno la capacità di sciogliere uno dei principali componenti dei trombi. In questo modo il vaso occluso viene liberato e la circolazione può riprendere normalmente.

Purtroppo questa cura è efficace solo se viene somministrata entro sei ore, meglio tre, dalla comparsa dei sintomi. Ovviamente prima si interviene e più cellule cerebrali si salvano, consentendo una migliore ripresa.

In alcuni casi, possono essere necessarie anche delle cure con farmaci antiaggreganti e/o farmaci anticoagulanti.

– Quando serve l’intervento

In presenza di una grave aterosclerosi a carico delle carotidi si può intervenire chirurgicamente per riaprire il vaso.

In alcuni casi si può procedere con l’angioplastica, ossia introducendo da un’arteria dell’inguine o del braccio un palloncino che, una volta fatto arrivare alla carotide, viene gonfiato. In questo modo la placca all’interno dell’arteria viene compattata e ridotta di dimensioni. Si può anche inserire uno stent, ossia una retina metallica per mantenere aperto il vaso.

L’angioplastica può essere utilizzata anche per liberare altri vasi, non solo la carotide. Esistono anche cateteri appositi in grado di eseguire un’aspirazione meccanica del trombo. I risultati sono del tutto simili.

In altri casi, invece, si procede con l’endoarteriectomia carotidea: il chirurgo cioè apre l’arteria carotide e la ripulisce delle placche aterosclerotiche che la ostruiscono.

Necessaria una riabilitazione

Quando l’ictus è emorragico occorre controllare il sanguinamento e ridurre la pressione intracranica. In alcuni casi è necessario intervenire chirurgicamente per bloccare l’emorragia, mentre in altri si possono somministrare mannitolo o glicerolo endovena: sostanze in grado di facilitare il riassorbimento dell’acqua dai tessuti.

Una volta concluse le terapie di emergenza e stabilizzato il paziente, è necessario iniziare specifici programmi di riabilitazione che hanno l’obiettivo di far recuperare quanto più possibile le funzioni cerebrali danneggiate dall’ictus.
Questi trattamenti vanno iniziati al più presto, per favorire un recupero più rapido e soddisfacente.

Le regole di prevenzione

È possibile prevenire l’ictus ponendo attenzione ai fattori di rischio. Quindi, è importante osservare le seguenti precauzioni:

– non fumare;
– avere uno stile di vita attivo e praticare attività fisica costante;
– evitare di aumentare di peso e, se necessario, dimagrire;
– limitare il consumo di alcolici;
– controllare l’alimentazione, riducendo il consumo di grassi e condimenti di origine animale, mangiando in abbondanza frutta, verdura, cereali integrali e legumi, non dimenticando di consumare il pesce;
– ridurre l’utilizzo del sale;
– monitorare i valori della pressione, del colesterolo, della glicemia;
– quando necessario trattare disturbi come ipertensione, diabete, fibrillazione atriale con farmaci prescritti dal medico.
– sottoporsi ai controlli consigliati dal medico che possono aiutare a individuare e curare eventuali restringimenti della carotide o altre malattie.