14/09/2020

Il tumore al seno

Purtroppo, i noduli al seno non sono sempre benigni. In alcuni casi, sono espressione di un tumore al seno, il tumore più frequente nel sesso femminile. Infatti, secondo le statistiche una donna su otto nel corso della vita sviluppa questa malattia.
Fortunatamente, grazie ai progressi nel campo della ricerca e della clinica, oggi questa patologia fa meno paura che in passato: infatti, può essere riconosciuta tempestivamente e in molte situazioni essere trattata con successo.

Più comune il carcinoma

Il tumore al seno è dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne.
I tumori possono formarsi in tutti i tipi di tessuti del seno, ma i più frequenti nascono dalle cellule ghiandolari (dai lobuli) e da quelle che formano la parete dei dotti.
Esistono vari tipi di tumori del seno, ma quello più frequente è il carcinoma: gli altri sono decisamente più rari.
Si parla di carcinoma allo stadio iniziale quando la massa maligna è piccola e confinata nel tessuto del seno. Se non riconosciuto in fase precoce, il tumore può allargarsi ed estendersi ai linfonodi dell’ascella.

Nei casi più complessi, coinvolge i tessuti vicini al seno, come la pelle, o quelli sottostanti della parete toracica (si parla di carcinoma localmente avanzato) e poi altre parti del corpo (si parla di malattia metastatica).
Più la malattia viene scoperta in fase precoce e più le possibilità di guarigione aumentano.

I fattori di rischio

Come per quasi tutti i tumori, anche per quelle al seno non sono state ancora identificate delle precise cause scatenanti. È certo, però, che esistono dei fattori di rischio, alcuni modificabili e altri no. Ecco i più comuni.

– Età: la maggior parte dei casi di tumore della mammella (più del 75%) viene diagnosticata in donne di età superiore ai 50 anni.

– Storia personale o familiare di tumore della mammella: circa il 5-7% delle donne con tumore al seno ha più di un familiare stretto malato.

– Una prima gravidanza dopo i 30 anni.

– Esposizione prolungata agli ormoni, per esempio, per prima mestruazione precoce e/o menopausa tardiva.

– Mutazioni dei geni BRCA1 e il BRCA2: sono responsabili del 50% circa delle forme ereditarie di cancro del seno e dell’ovaio.

– Errati comportamenti di vita, fra cui sovrappeso o obesità dopo la menopausa, inattività fisica, una dieta ricca di grassi e povera di vegetali, un elevatto consumo di alcol.

Da ricordare che cisti, fibroadenomi e malattia fibrocistica non aumentano il rischio di cancro.

I sintomi

Nella maggior parte dei casi, il tumore della mammella in stadio iniziale si presenta senza sintomi. Per questo, se non ci si sottopone ai controlli consigliati, (LINK A: GLI ESAMI NECESSARI) si corre il rischio che la malattia venga diagnosticata quando è in stadio già avanzato.

Quando si manifesta, il carcinoma spesso lo fa con un sintomo caratteristico: un nodulo duro che si sviluppa nel seno o sotto l’ascella, normalmente indolore e che si presenta da un lato solo. La metà dei casi di tumore del seno si presenta nel quadrante superiore esterno della mammella.
È importante fare attenzione anche a questi campanelli di allarme:

– un cambiamento nella dimensione o nella forma della mammella;

– cambiamenti della pelle del seno, per esempio la comparsa di pelle a buccia d’arancia, fossette, raggrinzimento o arrossamenti;

– alterazioni del capezzolo, come rientranze e sporgenze improvvise, sfoghi nell’area circostante, tipo eczemi;

– secrezioni di sostanze insolite da un capezzolo (se la perdita è bilaterale il più delle volte la causa è ormonale);

– ingrossamento dei linfonodi dell’ascella.

Che cosa è il linfonodo sentinella

In un numero significativo di casi, il tumore alla mammella colpisce anche i linfonodi dell’ascella.
Occorre sapere che il sistema linfatico, cui appartengono i linfonodi, è il sistema di drenaggio dell’organismo: raccoglie i liquidi che fuoriescono dal sistema sanguigno e li convoglia, attraverso i vasi linfatici, fino al torace.
I linfonodi rappresentano delle stazioni lungo questa rete di drenaggio: sono piccole strutture tondeggianti del sistema immunitario che contengono i globuli bianchi e hanno il compito di filtrare le sostanze che circolano attraverso il fluido linfatico. In caso di tumori, le cellule neoplastiche possono accumularsi anche nei linfonodi e, da qui, eventualmente migrare e dare origine a metastasi.
In presenza di tumore al seno, le cellule maligne dalla mammella possono migrare verso i linfonodi dell’ascella: è qui, infatti, che confluiscono le vie di drenaggio che partono dal seno.
Ecco perché, per capire lo stadio del tumore, si analizzano anche i linfonodi. Per controllarli ci si avvale di una particolare tecnica, la scintigrafia con biopsia del linfonodo sentinella: in pratica, per evitare di togliere tutti i linfonodi, si asporta e si analizza il primo linfonodo (o il primo gruppo di linfonodi) della catena. Infatti, se questo non è stato raggiunto dal tumore, allora è quasi certo che anche quelli a valle non siano stati raggiunti e che, dunque, la malattia sia confinata alla mammella.

Le cure

Oggi i medici hanno a disposizione diverse opzioni per la cura del tumore al seno, che possono essere utilizzate singolarmente oppure in associazione: chirurgia, radioterapia, chemioterapia, cure ormonali e terapie biologiche. La scelta è strettamente personalizzata: dipende innanzitutto dallo stadio della malattia, ma anche dalle condizioni e dalle esigenze della donna.

– Chirurgia (nodulectomia, quadrantectomia o mastectomia): si tratta della soluzione più utilizzata in assoluto, specie quando il tumore non si è ancora diffuso ad altre parti del corpo. Tuttavia, può essere impiegata anche nei tumori metastatizzati. Si può attuare in combinazione con la radioterapia o la chemioterapia. La nodulectomia prevede l’asportazione del tumore e di una piccola parte dei tessuti circostanti. La quadrantectomia consiste nell’asportazione del quadrante malato del seno oltre che del linfonodo sentinella. La mastectomia è l’asportazione dell’intera ghiandola mammaria.

– Radioterapia: è la terapia con radiazioni. In molti casi è usata dopo la chirurgia, per ridurre la possibilità che si sviluppino delle recidive. Talvolta può essere eseguita, anche in combinazione con la chemioterapia, prima dell’intervento chirurgico (si parla di terapia neoadiuvante), per ridurre le dimensioni del tumore, migliorando così il risultato dell’intervento chirurgico. Infine, può essere utilizzata nelle donne con cancro alla mammella metastatico in stadio avanzato, per alleviare i sintomi.

– Chemioterapia: è una cura che può essere può essere somministrata per via endovenosa (direttamente nel sangue) o per via orale. Viene effettuata prima della chirurgia, per ridurre le dimensioni del tumore e rendere l’intervento chirurgico meno esteso, oppure dopo, per diminuire le probabilità che il tumore recidivi. Quando il cancro si è diffuso in altre parti del corpo, la chemioterapia può essere utilizzata per ridurre i sintomi, migliorare la qualità di vita e prolungare il più possibile la sopravvivenza.

– Terapia ormonale: si tratta di farmaci che bloccano o inibiscono l’azione di estrogeni e progesterone, ormoni che sono implicati nello sviluppo e nella crescita di una parte dei tumori al seno.

– Terapia biologica: si tratta di cure che hanno un bersaglio tumorale specifico e che agiscono su determinate vie che controllano la crescita e la diffusione del cancro. Si tratta di un approccio relativamente nuovo che può includere gli anticorpi monoclonali, i vaccini e le terapie genetiche. Attualmente esistono diverse terapie biologiche per la cura del tumore della mammella.