15/09/2020

I fibromi

Sono i più diffusi tumori benigni che si sviluppano nelle donne in età fertile. Interessano l’utero, hanno una forma tondeggiante e dimensioni che possono variare da pochi millimetri a molti centimetri.
In genere, compaiono dopo i 30 anni e, in seguito alla menopausa, iniziano a regredire. Per definirli, oltre a “fibroma”, si utilizzano altri tre termini, che sono quindi da considerare sinonimi: fibromioma, mioma, leiomioma.

Tanti tipi diversi

I fibromi possono essere classificati in base alla zona dell’utero in cui si sviluppano e alla modalità con la quale sono inseriti nel tessuto, adesi a esso o attaccati con un peduncolo. Ecco le caratteristiche dei più diffusi.

– Intramurali:  si trovano all’interno della parete dell’utero costituita da tessuto muscolare.       
– Peduncolati:  sono posti sulla parete esterna o interna dell’utero e sono fissati a esso attraverso un sottile filamento, detto appunto peduncolo.
– Sottomucosi: si trovano nella parete interna dell’utero e sporgono nella cavità uterina.
– Sottosierosi: si trovano nella parete esterna dell’utero e sporgono quindi al di fuori della cavità uterina.
– Misti: sono i fibromi con caratteristiche miste, per esempio peduncolati e sottosierosi.

I sintomi

Nel 50-65 per cento dei casi i fibromi sono asintomatici. Uno su tre circa dà luogo a sanguinamento anomalo, durante le mestruazioni, particolarmente abbondanti, oppure  nella restante parte del mese. 
Raramente possono causare dolore (è più facile che accada con i fibromi peduncolati): se si manifesta il fastidio interessa l’addome e si può irradiare alla schiena.
A volte il dolore compare solo durante i rapporti sessuali o subito dopo (dispareunia) o con le mestruazioni (dismenorrea). Per finire, in qualche caso possono aumentare la frequenza della minzione (pollachiuria).

Le cause

Le cause sono ancora sconosciute. Le ipotesi più accreditate è che vi sia una predisposizione genetica e che gli estrogeni prodotti in abbondanza dalle ovaie giochino un ruolo importante nella loro formazione e crescita.
La tesi è confermata dal fatto che non si osservano fibromi prima della pubertà, quando le ovaie sono inattive, che regrediscono dopo la menopausa, quando cessa l’attività delle ovaie e che aumentano in caso di terapia con gli estrogeni e in in gravidanza, quando appunto i livelli di estrogeni sono molto più alti.
Sono comunque stati individuati alcuni fattori di rischio: menarca (prima mestruazione) prima degli 11 anni; forte sovrappeso; mancanza di attività fisica (uno studio ha dimostrato che il rischio di svilupparli si riduce del 40% nelle donne che fanno regolarmente movimento); ipertensione.

La diagnosi

La visita ginecologica a volte è sufficiente per diagnosticare il fibroma; tuttavia per confermarne la presenza, e soprattutto per definirne il volume, la localizzazione e la quantità (cioè per stabilire se ve ne è più di uno), si deve effettuare un’ecografia.
Raramente viene prescritta un’isteroscopia: accade solo quando il ginecologo vuole ispezionare la cavità uterina. In casi particolarmente complessi, è possibile che il ginecologo prescriva anche una risonanza magnetica.

Le conseguenze

Molto raramente i fibromi impediscono di dare inizio a una gravidanza.
Succede quando sono così grossi da ostruire le tube, da cui il prodotto del concepimento raggiunge la cavità uterina, o si sono sviluppati in modo da impedire l’impianto dell’embrione (intramurali o sottomucosi). 
La trasformazione di un fibroma in tumore maligno è, invece, un’eventualità molto rara (anche se è la più temuta): di fatto, interessa appena lo 0,2 per cento dei casi, quindi è giudicata statisticamente poco significativa.

Le cure

Se i fibromi non sono accompagnati da sintomi e sono di piccole o medie dimensioni, in genere non si fa nulla.
Se sono molto grossi o provocano disturbi  il medico può prescrivere farmaci che inducono una temporanea regressione del volume: i principi attivi più usati sono gli analoghi del GnRH (che bloccano l’attività delle ovaie con conseguente scomparsa delle mestruazioni) oppure gli estroprogestinici (pillola contraccettiva) o il progesterone. 
A volte può essere necessario ricorrere alla chirurgia, che può essere conservativa o demolitiva. Nel primo caso si effettua l’asportazione del solo fibroma (miomectomia), nel secondo invece viene rimosso l’utero (isterectomia).
La rimozione dell’utero è riservata alle donne che hanno già avuto figli e non desiderano altre gravidanze, oppure che hanno fibromi numerosi e voluminosi, che determinano sintomi importanti.
Entrambi gli interventi possono essere effettuati in laparoscopia, tecnica che permette di raggiungere la cavità uterina senza effettuare tagli sull’addome. L’anestesia può essere locale o generale.
Per finire, esiste la possibilità di intervenire sui fibromi con la cosiddetta embolizzazione delle arterie uterine, eseguita da un radiologo. Si blocca l’afflusso di sangue che irrora e nutre i fibromi, attraverso un catetere sotto controllo radiografico. La procedura ha una durata complessiva di circa un’ora, viene effettuata in anestesia locale unita a sedazione profonda (viene cioè somministrato un tranquillante).  

L’utero fibromatoso

L’utero fibromatoso interessa in genere le donne in prossimità della menopausa ed è caratterizzato dal cambiamento di consistenza dell’utero che perde elasticità e si fa via via più duro e grosso.
Può non dare luogo a sintomi o provocare sanguinamento anomalo, dolore nella zona addominale, fastidi dovuti alla compressione che l’utero esercita su altri organi, in particolare sulla vescica (da qui, possono comparire disturbi urinari).
Per quanto riguarda le cure, in prima battuta possono essere somministrati farmaci che riducono l’entità del problema e i sintomi (per esempio, agonisti del GnRH oppure preparati a base di estroprogestinici), ma non sempre funzionano.
Esiste una metodica non invasiva e innovativa basata sugli ultrasuoni che vengono indirizzati nella zona dell’utero con l’apparecchiatura per la risonanza magnetica.
In casi estremi, quando farmaci e altri trattamenti non funzionano e i sintomi interferiscono sulla qualità della vita, o aprono la strada al rischio di complicazioni (per esempio, all’anemia dovuta al sanguinamento), può essere necessaria l’isterectomia,  l’asportazione chirurgica dell’utero. Spetta comunque al medico stabilire, di volta in volta, quale sia l’approccio curativo migliore.