21/04/2020

Coronavirus, perché è (ancora) così dura?

Maura Prianti
A cura di Maura Prianti
Pubblicato il 21/04/2020 Aggiornato il 21/04/2020

Saremo anche nella fase 2, 3…. Ma i numeri che contano sono quelli dei decessi: 400 in media negli ultimi giorni. Se vi sembrano pochi, allora non leggete quest’articolo

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I dati della Protezione civile a cui si affiancano quelli dell’Istituto superiore di Sanità. E poi quelli degli enti di ricerca stranieri. A chi credere? Abbiamo chiesto alla dottoressa Flavia Riccardo di fare chiarezza: lei fa parte del team che la notte del 20 febbraio ha capito che l’Italia non sarebbe più stata la stessa.

 

I decessi per Covid-19 sono molti di più di quelli ufficiali?

È normale che ci sia una sottostima nei dati di sorveglianza su tutte le variabili, quindi anche sui decessi, in quanto si riportano solo i decessi risultati positivi al tampone. Per questo sono in corso studi per accertare il reale impatto di quest’epidemia sulla mortalità.

  • Nella sorveglianza accettiamo che ci possa essere questa sottostima, ma attraverso definizioni specifiche nelle variabili ci accertiamo che questa resti più o meno costante.
  • Se la sottostima resta più o meno uguale nel tempo, tutte le elaborazioni la considerano una costante e quindi non va a inficiarne i risultati. Per questo possiamo valutare in modo accurato l’andamento, il “trend”, dell’epidemia.

Perché ci sono ancora così tante vittime?

Il nuovo Coronavirus, purtroppo, si trasmette in modo molto efficace nell’uomo anche grazie al fatto che all’inizio l’infezione dà sintomi blandi, aspecifici. Questa caratteristica, che sembrerebbe positiva, facilita invece la trasmissione, soprattutto quando non si sa di esserne infetti.

  • A questo si somma il fatto che il virus non è “blando”, ma è in grado di provocare decessi in una parte delle persone infette.
  • Il virus Sars, invece, che è molto simile a questo, provoca subito sintomi gravi, portando le persone in ospedale; il ricovero immediato, però, limita il contagio.

Perché sembra che il Coronavirus si sia accanito contro alcune città italiane?

Quando è stato identificato il primo caso, il virus già circolava “sotto traccia” da qualche settimana in certe zone, diffondendosi “indisturbato” proprio quando in Italia si verificava il picco della stagione influenzale.

  • Ciò significa che ha infettato tante persone, che a loro volta ne hanno infettate altre. Non a caso non si è mai trovato il paziente zero.

Non si è sottovalutata l’emergenza?

Secondo me, da parte del Governo e degli esperti no. Forse da una parte dell’opinione pubblica, inizialmente. Quando si è scoperto il primo caso di Coronavirus, è subito partita un’indagine approfondita come previsto in caso di epidemia.

  • Per controllare la trasmissione si è realizzato rapidamente un distanziamento individuale progressivo, perché è la strategia più veloce per dare risultati in tempi brevi, in caso di trasmissione diffusa.
  • A questa, si combinano azioni sul territorio basate sull’accertamento dei casi e il loro isolamento, accompagnato dalla ricerca e quarantena dei loro contatti stretti ( il famoso “contact tracing”).

 

Il testo completo dell’intervista è in edicola su Viversani & belli, che ha anche uno Speciale Coronavirus dedicato all’epidemia con le risposte dei nostri esperti e i consigli per superare al meglio questo brutto momento.