09/04/2024

Michele Bravi presenta con il nuovo album il suo percorso poetico e personale

Laura Frigerio
A cura di Laura Frigerio
Pubblicato il 09/04/2024 Aggiornato il 09/04/2024

È un concentrato di pura poesia Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi, il nuovo album di Michele Bravi, che uscirà il 12 aprile

Michele Bravi Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi

I veri artisti sono creatori di bellezza e Michele Bravi, con il suo nuovo album Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi (in uscita il 12 aprile per EMI Records Italy/Universal Music Group), ci regala un gioiello inestimabile per questi tempi fatti di “musica fast-food” e poca poesia.

Una poesia che invece Michele riesce, con grande naturalezza, a mettere in ogni cosa che fa, con innata eleganza.

Negli anni questo cantautore ha saputo crescere, in particolare nella scrittura, riuscendo a trovare un suo stile distintivo che riesce ad arrivare non solo ai suoi coetanei, ma anche a degli ascoltatori più adulti.

Un pubblico che ora lo sta seguendo anche in tv, nelle vesti di giudice ad Amici di Maria De Filippi e che non vede l’ora di ritrovarlo live il 12 maggio al Teatro Dal Verme di Milano e il 26 maggio all’Auditorium Parco della Musica (Sala Sinopoli) di Roma.

La genesi del concept album

Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi è un concept album liberamente ispirato agli scritti di Oliver Sacks, neurologo e autore di fama mondiale. Ce lo spiega lo stesso Michele Bravi incontrando la stampa a Casa Tobago a Milano.

«Questo è un altro disco che arriva dopo un po’ di tempo. Non sono mai stato famoso per essere rapido a scrivere e poi, ad un certo punto, c’è stato una sorta di blocco artistico perché ero convinto di aver detto tutto con quello precedente (La geografia del buio). Ho quindi iniziato un percorso interiore partendo dal best-seller La via dell’artista di Julia Cameron: appena apri il libro devi siglare un contratto con te stesso e per dodici settimane devi praticare degli esercizi come, per esempio, inventarti dei lavori e calarti in essi. Io l’ho fatto per cinque settimane, perché poi quel gioco ha inspiegabilmente sbloccato la mia scrittura. Nel frattempo ho riscoperto anche un autore come Oliver Sacks e, anche se non sono mai stato un grande amante dei saggi, sono rimasto colpito dal suo Musicofilia. Qui, infatti, vengono analizzati i disturbi legati al suono sul piano scientifico ma anche umano e a colpirmi è stata in particolare una parola, ovvero “palinopsia”. Sono andato a cercarla su un dizionario medico e ho scoperto che è quando si chiude all’improvviso la palpebra e si percepisce ancora l’ultima immagine vista. L’autore fa una riflessione sulla creatività, sull’arte come tentativo di riprodurre il reale e mi sono trovato perché per me le canzoni sono un modo per cristallizzare la vita».

E il titolo? «Io sono pieno di quaderni dove mi appunto le cose. Sfogliandoli ho trovato questa frase “Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi” e mi sembrava perfetta per questo album che cerca di celebrare la natura scenica e melodica della vita interiore».

Un viaggio musicale in tre capitoli

“Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi” è stato scritto da Michele mentre era in viaggio per l’Europa tra Parigi, Londra, Amsterdam e Milano. L’album (la cui copertina è realizzata dall’artista Mauro Balletti) è diviso in tre capitoli musicali: lo sguardo, l’immagine e l’iride.

«Il primo è una riflessione su quello che noi vediamo negli altri nel momento in cui ti metti davanti a una scena e discuti di quello che stai vedendo» – spiega l’artista – «In questo capitolo c’è anche la canzone Mi sono innamorato di te, il cui titolo ricorda quella di Luigi Tenco, ma in realtà ne ribalta il concetto in positivo. Si tratta infatti di un regalo di Natale che ho pensato di fare al mio compagno».

E prosegue: «Nel secondo capitolo c’è più erotismo, con l’occhio che si sofferma sull’aspetto epidermico. I pezzi si caricano diversamente e livello ritmico e c’è più sensualità, come si può sentire in Malumore francese, in cui ho avuto l’onore di collaborare con Carla Bruni, una delle artiste più generose che ho incontrato e che rimane nell’Olimpo delle cose belle che ho fatto».

C’è poi il capitolo dell’iride che: «È la parte più cinematografica, in cui entro ancora di più nel concept del disco e rifletto su ciò che cerchiamo di nascondere agli altri. Qui ci sono brani come Infanzia negli occhi, Se ci guardassero da fuori o Ti avessi conosciuto prima, che è l’unica canzone non firmata da me ma da Giuliano Sangiorgi».

E aggiunge: «Ho deciso di chiudere l’album con un valzer, Atlante degli amanti, perché è il momento più alto, in cui riesco a trasformare la metafora nel concetto del disco».