25/07/2019

Burlesque: a tu per tu con Daisy Ciotti, la performer romana appena premiata a Las Vegas

Emanuela Bruno
A cura di Emanuela Bruno
Pubblicato il 25/07/2019 Aggiornato il 25/07/2019

Daisy Ciotti, pluripremiata performer internazionale, ci racconta che cosa è (e che cosa non è) questa disciplina e perché regala autostima e un grande senso di libertà

Daisy Ciotti

Troppo spesso lo si associa a spettacoli di spogliarello osé o volgari. Invece il burlesque è una forma di espressione artistica completa, nata come spettacolo satirico nell’Inghilterra settecentesca e poi arricchitasi di connotazioni comiche e parodistiche, di danze e di canzoni. Ne abbiamo parlato con Daisy Ciotti, 28enne di Roma, che lo scorso giugno ha vinto il titolo “Most classic 2019” nel contest Best Debut all’Hall of Fame di Las Vegas: un risultato prestigioso che l’ha catapultata in vetta alle classifiche mondiali di questa disciplina.

Il burlesque è un’arte in cui non ci sono regole, ma una grande libertà espressiva.

Ti sei avvicinata al burlesque due anni fa. Cosa facevi prima e perché ti ha incuriosita?

«Lavoravo come barista ma ho sempre ballato e insegnato danza. Poi ho visto il film Burlesque con Christina Aguilera e Cher (avrei scoperto in seguito che era solo lontanamente ispirato a ciò che il burlesque è davvero) e ho iniziato a documentarmi, a provare a casa con i video di Youtube. Tutto è stato rapidissimo: gare, esibizioni e spettacoli. Dopo sei mesi ho partecipato al primo festival internazionale e ho iniziato a lavorare nei teatri».

E sono arrivati tanti premi e riconoscimenti top…

«Mi sono trovata in quello che sentivo essere il mio posto. Mi ha conquistata il fatto che permette a donne con ogni tipo di fisicità di tirare fuori una femminilità straordinaria».

Cosa è il burlesque? E cosa non è?

«Non è uno striptease, ci sono performance meravigliose in cui si rimane completamente vestite. Non è uno spettacolo volgare, siamo abituate a vedere nudità ovunque, invece qui ci sono stile e classe. È un’esibizione in cui si fondono arti diverse ma in modo non rigido e fisso: ci sono performer di burlesque che non sanno muovere un passo di danza e non bisogna avere nemmeno la predisposizione dell’attrice, perché non si recita un ruolo. Direi che il burlesque è esaltazione della femminilità e della sensualità, un’occasione (o un palco) dove bisogna solo essere se stesse e tirare fuori la propria parte più nascosta».

Come se fosse facile!

«Ci sono corsi e workshop per imparare, ma non sono scuole dove si apprendono movimenti prestabiliti. La conquista è arrivare a guardarsi allo specchio senza giudicarsi, anzi apprezzandosi, e imparare a tirare fuori la sensualità che tutte abbiamo. E non giudicare mai le altre: in un mondo tanto giudicante come il nostro, è un bell’allenamento al rispetto fra donne».

Ci riescono tutte?

«È un percorso terapeutico, ognuna lo compie con i suoi tempi. Bisogna sciogliersi, lasciarsi andare, superare la vergogna e tutte, all’inizio, si vedono sgraziate e poco femminili. Ma anche chi rinuncia poi ci ripensa e ritorna, perché è divertente e perché affrontare e vincere i propri blocchi garantisce una sicurezza in sé, un’iniezione di autostima incredibile.

Come si creano le performance? Ci sono regole o schemi?

«Nessuna regola. Ognuna crea liberamente un personaggio, l’acconciatura, i costumi e l’esibizione. Io sono Holly’s Good, una fascinosa bionda anni ‘40-50, ma c’è chi si ispira alla fantascienza, ai film, ai fumetti. Ci si cala in un’epoca o in scenografie senza età, dal fetish al rock».

Com’è il pubblico del burlesque?

«Il burlesque è una realtà tutta femminile, creata e costruita da donne, e in tutto il mondo gli spettacoli (udite udite!) sono seguiti al 90% da donne. Magari perché cercano ispirazioni o idee per cimentarsi a casa propria, con i propri compagni, e recuperare sicurezza in sé. Mi sono sposata da poco e mio marito all’inizio era preoccupato per il mio lavoro: poi, conoscendolo, ha capito che non aveva nulla da temere. Semmai sono io che devo stare attenta a lui, beato fra le donne!».