21/10/2020

Armie Hammer e il suo anno terribile

Veronica Colella Pubblicato il 21/10/2020 Aggiornato il 21/10/2020
Armie Hammer

Armie Hammer è un uomo pieno di contraddizioni. Odia i selfie ma adora litigare su Twitter, è bello come il sole ma non riesce a ottenere ruoli da protagonista, ha alle spalle un impero multimilionario ma si fa i conti in tasca come ogni trentenne.

Il 2020 non è stato particolarmente tenero con lui – tra opportunità sfumate, crisi personali e ulcera da campagna presidenziale – ma il ritorno al cinema potrebbe aiutarlo a superare questa impasse.

Il 21 ottobre lo vedremo in Rebecca di Ben Wheatley su Netflix, poi dal 26 novembre in Assassinio sul Nilo di Kenneth Branagh. E nel 2021 dovrebbe arrivare anche Next Goal Wins di Taika Waititi, commedia sportiva con Michael Fassbender ed Elizabeth Moss ispirata all’omonimo documentario.

Giovane, carino e disoccupato

La sua carriera stenta a decollare, nonostante l’attenzione ottenuta con The Social Network (2010) e Chiamami col tuo nome (2017). Al momento i film che gli hanno dato più soddisfazione sono quelli in cui ha recitato per passione e non per il cachet, come il ruolo da 900 dollari in Sorry to bother you (2018) di Boots Riley. I blockbuster non gli hanno portato fortuna, con incassi deludenti sia per il Lone Ranger disneyano di Gore Verbinski (2013) che per il reboot di Operazione U.N.C.L.E. (2015) di Guy Ritchie, e la critica non smette di punzecchiarlo con l’accusa di essere troppo blando, salvo ritrattare in rare occasioni come Animali notturni di Tom Ford (2016) e Una giusta causa di Mimi Leder (2018).

In una lunga intervista concessa all’edizione britannica di GQ, l’attore ha ammesso di avere qualche difficoltà in più rispetto ad altri colleghi, che riescono a trovare nuovi ingaggi anche in tempi di Covid. In programma avrebbe dovuto esserci un periodo a teatro con The Minutes di Tracy Letts, ma Broadway si è fermata a pochi giorni dal debutto per cadere in un limbo da cui, se va bene, si uscirà solo nel 2022. Idem per la serie tv di Sam Esmail sullo scandalo Watergate, Gaslit, annunciata lo scorso febbraio con il coinvolgimento di mostri sacri come Julia Roberts e Sean Penn, in pausa fino a data da destinarsi. Almeno potrà sempre contare su Luca Guadagnino, che oltre ad averlo trascinato a tradimento sul set di We are who we are per un cameo sembra ancora intenzionato a dare a Oliver e Elio un lieto fine.

Sopravvivere all’Apocalisse

Gli alti e bassi sul lavoro non sembrano aver inciso sul senso dell’umorismo caustico con cui narra le sue disavventure su Twitter, polemizzando con tutto e tutti. Dalla pandemia (che chiama affettuosamente “l’Apocalisse”) ai primi segni dell’età (“ho tossito e mi sono stirato un muscolo della schiena, a vent’anni non mi sarebbe mai successo”), passando per la presidenza Trump e le innumerevoli battute sulle pesche da cui non riesce più a liberarsi (c’è anche chi gliele porta per farsele autografare).

Se gli improbabili baffi a manubrio che si è fatto crescere durante il lockdown potevano sembrare un grido d’aiuto, un motivo c’è. A luglio ha annunciato la separazione insieme all’ormai ex-moglie Elizabeth Chambers, con cui ha condiviso 13 anni di vita e due figli, chiedendo al resto del mondo un po’ di compassione e di privacy. Lasciata la famiglia alle Cayman, l’attore si è concesso una pausa di riflessione aiutando un amico a rinnovare un motel abbandonato nel deserto della California. Qualche settimana in mezzo al nulla a levigare pavimenti, abbattere pareti e piantare cactus e si è rimesso in piedi, tornando a promuovere film e a fare il verso alle fan di Timothée Chalamet su Instagram (con inevitabile litigata).