31/01/2023

Matilde Gioli è Fernanda Wittgens, la prima direttrice della Pinacoteca di Brera

Laura Frigerio
A cura di Laura Frigerio
Pubblicato il 31/01/2023 Aggiornato il 31/01/2023

Fernanda è il film tv, in onda il 31 gennaio su Rai 1, che racconta la storia di Fernanda Wittgens e del suo impegno per salvare opere d'arte e vite umane durante la Seconda Guerra Mondiale

Fernanda

«Fernanda è una vera eroina d’altri tempi, una straordinaria donna che ha salvato l’arte e degli ebrei dalla persecuzione nazifascista in un mondo finito nel buio». Così Maria Pia Ammirati, Direttore di Rai Fiction, descrive Fernanda Wittgens la cui storia viene raccontata dal film tv Fernanda, primo di una collection che celebrerà altre figure femminili come Margherita Hack, Alda Merini e Tina Anselmi.

A vestire i panni della prima direttrice della Pinacoteca di Brera è una bravissima Matilde Gioli, affiancata da altri ottimi attori come Eduardo Valdarnini, Maurizio Marchetti, Valeria Cavalli, Francesca Beggio e Lavinia Guglielman. La regina è di Maurizio Zaccaro.

Fernanda andrà in onda su Rai1, martedì 31 gennaio alle ore 21.25.

La storia di Fernanda Wittgens

Fernanda Wittgens è stata una donna che ha fatto la differenza, tra l’altro in un periodo sia socialmente che politicamente difficile come gli anni ’20 e ’30 del 1900. Però il suo spirito combattivo e l’amore per l’arte le hanno permesso di diventare la prima direttrice della Pinacoteca di Brera a Milano e tra le prime donne in Europa a ricoprire un ruolo così prestigioso. Però non finisce qui, perché durante la Seconda Guerra Mondiale lei non si è limitata a mettere in salvo i “capolavorissimi” (come lei li chiamava), ovvero quei dipinti che al di là della esperienza estetica custodivano la forza delle radici culturali di un paese, presenti in Pinacoteca. Fernanda, infatti, è considerata una Giusta tra le Nazioni in quanto si è prodigata ininterrottamente per aiutare amici e conoscenti ebrei a trovare un rifugio oltre confine per sfuggire alle persecuzioni razziali, mettendo a rischio la propria vita e persino quella dei suoi familiari.

«Sarebbe troppo bello essere intellettuali in tempi pacifici, e diventare codardi, o anche semplicemente neutri, quando c’è un pericolo»: questo scrisse Fernanda in una lettera indirizzata alla madre.

La parola a Matilde Gioli

«È la prima volta che interpreto un personaggio così importante e centrale nella narrazione, avendo sempre partecipato a film corali in cui la responsabilità te la dividi un po’ con gli altri, però è stato bello e spero di rifarlo» – spiega Matilde Gioli nel corso della conferenza stampa – «È anche la prima volta che mi trovo a dare voce, vita e corpo a una donna realmente esistita. Così, quando ho iniziato a lavorarci, ho tenuto un mio dialogo immaginario con Fernanda, promettendole di rimanere il più possibile fedele alla realtà rispettando quello che era, usando gli strumenti che avevo a disposizione. Il regista Maurizio Zaccaro mi ha portato una serie di informazioni per me fondamentali su chi fosse».

E sul fil rouge che ora la lega a Fernanda dice: «Lasciarla a fine riprese è stato delicato ed emozionale, ma mi è comunque rimasta dentro. È una donna cresciuta negli anni ’20 – ’30 (anche se raccontiamo gli anni ’40) con una grande passione per la storia dell’arte e non è stata per nulla incoraggiata dalla società dell’epoca, ma lei ha proseguito con la fame di dimostrare qualcosa. Poi c’è stata la guerra e si ritrovata a difendere con il proprio corpo le opere della Pinacoteca e non è stata ferma a guardare ciò che accadeva con le leggi razziali. Ho avuto la possibilità di vederla in foto, di parlare con i figli delle persone che l’hanno conosciuta e di girare proprio a Brera. Questo ha reso ancora più forte il mio legame con lei».

E conclude: «È stata per me una gioia veicolare la storia di una eroina del ‘900 e sono felice di questa scelta (non scontate e utilissima) della Rai di dedicare una collection a queste grandi donne. Secondo me portarle in tv e farle conoscere, in particolare ai più giovani, è importantissimo».