17/10/2020

Festa del cinema di Roma: chi conosce la vera storia del giovane David Bowie?

Elena Goretti
A cura di Elena Goretti
Pubblicato il 17/10/2020 Aggiornato il 17/10/2020

Ieri alla Festa di Roma, tra premi e anteprime, è andato in scena Stardust, il film che racconta i primi anni del Duca Bianco tra dubbi, fallimenti e lo spettro della malattia mentale

Festa del cinema di Roma - David Bowie

Mentre i numeri dei contagi continuano lentamente a salire facendo temere nuove misure di contenimento, la Festa del Cinema di Roma “resiste, resiste, resiste” e riapre i battenti per la sua quindicesima edizione.

Le precauzioni, però, sono massime: posti contingentati, red carpet senza pubblico, distanziamenti estremi, proiezioni multiple e mascherine obbligatorie per evitare contagi ma nel contempo far respirare di nuovo il cinema.

Dopo l’apertura di giovedì dedicata quasi interamente al film di animazione Soul (in arrivo a dicembre su Disney+) e alla premiazione del suo creatore Pete Docter, ieri è stata la giornata di due grandi protagonisti: il regista premio Oscar Steve McQueen arrivato dagli States per presentare la sua nuova serie di mini-film Small Axe (e ritirare il premio alla carriera), e David Bowie.

Un racconto intimista

Il grande artista, scomparso ormai quasi 5 anni fa, è infatti il soggetto del film Stardust di Gabriel Range, presentato in anteprima alla presenza del regista, del protagonista Johnny Flynn e del produttore Fabien Westerhoff. Lontano anni luce dai recenti biopic sgargianti dedicati agli altri “miti” del rock-pop come Bohemian Rapsody sui Queen o Rocketman sulla vita di Elton John, questo film è un racconto quasi intimista del Bowie nel 1971, mentre cerca di promuovere il suo terzo album (The Man Who Sold The World) in un’improbabile tournée per gli Stati Uniti, tra dubbi, errori e paure. Una su tutte: quella di aver ereditato la schizofrenia presente nel ramo materno della famiglia e diagnosticata anche al fratellastro Terry a cui era legato da un profondo affetto.

Prima di Ziggy Stardust

Non c’è traccia dunque dei tacchi alti, dei trucchi sgargianti e delle tutine in lurex che poi saranno di Ziggy Stardust, il personaggio che Bowie iniziò a interpretare sul palcoscenico appena un anno dopo, nel 1972. Piuttosto, c’è tutto il processo psicologico che ha portato a quella trasformazione, un po’ come nella tradizione dei più recenti film sui supereroi (come Batman, Spiderman o persino Joker), che raccontano la profonda umanità dei personaggi prima della completa rivelazione dei loro poteri e dei loro costumi. Stardust allora è proprio questo: la storia della fragilità e degli squilibri del giovane David che hanno portato alla nascita del super-Hero Ziggy, l’origine di quella saetta sull’occhio destro che tanti artisti gli hanno copiato e che tutti noi, almeno una volta, ci siamo disegnati sul viso (o provati con un filtro sul cellulare).