14/03/2024

Film tv: Laura Morante è Alda Merini Folle d’amore

Laura Frigerio
A cura di Laura Frigerio
Pubblicato il 14/03/2024 Aggiornato il 14/03/2024

Appuntamento in prima serata su Rai1 il 14 marzo con il biopic diretto da Roberto Faenza e dedicato alla grande poetessa 

Folle d'amore - Alda Merini

Alda Merini è stata una delle voci più importanti, appassionate e vibranti del Novecento. Ora la sua storia, a quindici anni dalla sua scomparsa, viene raccontata dal film Folle d’Amore-Alda Merini diretto da Roberto Faenza, che vede Laura Morante nei panni della poetessa milanese. Il biopic (una coproduzione Rai Fiction-Jean Vigo Italia realizzata con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte) vede nel cast anche Rosa Diletta Rossi e Sofia D’Elia, che interpretano rispettivamente Alda da giovane e da adolescente, Federico Cesari, Giorgio Marchesi e Mariano Rigillo.

Quando e dove potremo vederlo? Il 14 marzo, in prima serata su Rai1.

Una vita senza mezze misure

Siamo sui Navigli milanesi, per la precisione a Ripa di Porta Ticinese, dove c’è un appartamento la cui porta è sempre aperta: è quello di Alda Merini che, ormai 70enne con le sue unghie smaltate e la sigaretta sempre accesa, ospita intellettuali, cantanti, giornalisti, ma anche semplici curiosi intrattenendosi a dialogare con loro.

A rendere speciale questa donna la sua poesia, ma anche la sua vita senza misure, come racconta a un giovane intellettuale di nome Arnoldo (Mosca Mondadori).

La narrazione si sposta quindi indietro nel tempo, con un flashback che ci porta fino al secondo dopoguerra dove una Alda adolescente inizia a coltivare la passione per la poesia, nonostante le difficoltà (la famiglia non la sostiene come dovrebbe e non viene ammessa al liceo classico). Una sua ex insegnante però porta le sue composizioni al critico Giacinto Spagnoletti il quale, rimasto colpito, la invita nel suo salotto letterario. Grazie a questo lei non solo ottiene le prime pubblicazioni, ma conosce anche il suo primo amore, ovvero lo scrittore Giorgio Manganelli. Lei lo ama con grande trasporto, ma lui è sposato e la relazione naufraga. Qualche tempo dopo sposa Ettore Carniti e cerca di essere una buona moglie, ma i due litigano spesso e Alda non riesce a trovare nessuno che pubblichi le sue nuove poesie. Il suo status psicologico peggiora progressivamente e, in seguito a una crisi di nervi, il marito la fa ricoverare. L’uomo però non immagina che Alda, tra un ricovero e l’altro, rimarrà in manicomio per ben dieci anni. Anni di buio, sofferenza e cure pesanti, che le farà perdere il contatto con il mondo. A salvarla lo psichiatra Enzo Gabrici, che la spinge a riprendere con la poesia regalandole anche una macchina da scrivere. È proprio grazie alla scrittura che riesce a trasfigurare e a vincere il dolore e la malattia. Rimasta vedova, Alda sposa il poeta Michele Pierri, molto più grande di lei, con cui si trasferisce a Taranto. La sua felicità però dura poco, perché lui muore poco dopo. Rientrata a Milano non si dà per vinta e continua con la sua attività poetica, affermandosi come una delle figure di riferimento della vita culturale italiana.

La parola alle protagoniste

«Alda Merini è una persona che tutti ricordano, che era molto presente. La somiglianza fisica tra me e lei non è evidente, poi non sono milanese bensì toscana e non ho una formazione da Actor Studio e non mi vengono bene le imitazioni. Quindi mi sono chiesta: “cosa faccio?”» – racconta Laura Morante durante la conferenza stampa – «Roberto Faenza mi ha rassicurato dicendomi che non cercava una imitazione bensì una interpretazione, quindi ho lavorato su alcune cose che mi avevano colpito di lei, come per esempio il fatto che, durante le interviste, parlava come se stesse sempre ascoltando una voce. Così ci sono delle volte che è risultata lucida e profonda, altre invece in cui appariva più reazionaria come se non fosse ispirata. Così, prima di andare sul set, l’ascoltavo». E ribadisce: «Ho cercato di non imitarla bensì di evocarla e, se ci sono riuscita, vuol dire che Alda Merini mi ha dato una mano da qualche parte».

«Io e Laura non abbiamo lavorato insieme, perché raccontiamo due momenti diversi, però guardando il film si coglie una continuità di linguaggio, l’irrequietezza e l’irriverenza in alcuni aspetti della personalità di Alda Merini sono emersi anche se non ci siamo confrontate. C’è stata dell’ispirazione e ci ha guidato molto Roberto Faenza» – dice Rosa Diletta Rossi – «Quando come attrice ti viene proposto un ruolo così grande e raro intervengono due cose: da un lato c’è la fascinazione e dall’altro un grande senso di responsabilità e la paura di dover maneggiare una materia estremamente delicata. La mia parte è il racconto meno conosciuto, sono poche le testimonianze di lei dentro il manicomio e non è stato facile per me immaginare lo strazio che ha vissuto. Ho voluto però raccontarla con gli occhi della speranza e dalla vita di una donna che non ha ceduto alla disumanità del ricovero, che si è sempre voluta elevare. Lei diceva che non credeva nella follia bensì nella mancanza d’amore».