31/08/2019

Blinded by the light: Sognando Springsteen

Veronica Colella Pubblicato il 31/08/2019 Aggiornato il 31/08/2019

Diretta dalla stessa regista di Sognando Beckham arriva al cinema la storia di Javed Khan, sedicenne anglo-pakistano che nell'Inghilterra di fine anni '80 viene folgorato dalla musica di Bruce Springsteen

Blinded by the light

Blinded by the Light – Travolto dalla musica, al cinema dal 29 agosto, è una bella storia per tempi difficili. Una commedia indie poetica e brillante sul potere salvifico della musica, dalla regista di Sognando Beckham (2002), Gurinder Chadha, che torna a raccontare della bellezza del seguire i propri sogni.

Il film prende ispirazione dall’autobiografia di Sarfraz Manzoor, giornalista e documentarista britannico la cui vita è stata trasformata dalla scoperta degli album giusti al momento giusto.

In Greetings from Bury Park Manzoor, che è anche co-sceneggiatore del film, racconta di come la musica di Bruce Springsteen fosse diventata per lui una finestra su un mondo diverso, meno chiuso e soffocante. La realtà cantata da Springsteen, poeta della classe operaia americana, non era comunque così lontana da quella di Manzoor, confinato in una cittadina di provincia e in perenne conflitto con il padre. La musica è stata la sua àncora di salvezza, un’esperienza universale che ha cercato di condensare in una sceneggiatura costata sette anni di lavoro.

Tra biografia e fiction

Il sogno di Javed Khan (Viveik Kalra), sedicenne anglo-pakistano di Luton, è di diventare poeta o scrittore. Per adesso si limita a scrivere i testi per la band del vicino di casa Matt (Dean-Charles Chapman), a farsi invitare alle feste per baciare finalmente una ragazza e a cercare una sua dimensione in un mondo ostile come l’Inghilterra di fine anni ‘80, dove la crisi ha restituito slancio ai neonazisti. Con grande costernazione dei genitori – tradizionalisti e concreti – a Javed interessano molto di più la musica e la letteratura che scalare le vette del rendimento scolastico e diventare un uomo d’affari affermato. La sua insegnante di inglese, Miss Clay (Hayley Atwell), pensa che abbia il talento necessario per seguire la sua vocazione, ma la situazione finanziaria della famiglia fa sembrare questa strada troppo rischiosa. Proprio nel momento in cui sta per cedere alle pressioni paterne – gettando tutte le sue poesie nella spazzatura – la cassetta di Born in the USA che gli ha prestato l’amico Roops (Aaron Phagura) gli restituisce la speranza: nei testi di Springsteen c’è tutto quello che sta vivendo, dal conflitto generazionale a quello di classe. Come una rivelazione o un messaggio dall’universo, la musica gli dà la forza per continuare a lottare, contro tutti e contro tutto.

Un 1987 stranamente attuale

Per la regista Gurinder Chadha il film non avrebbe potuto uscire in un momento più rilevante: tra le tensioni post-Brexit e la fine del sogno americano, questo inno alla speranza e alla fiducia nel futuro rappresenta una valida alternativa, l’idea di un mondo migliore. In un’intervista all’americana NPR, Chadha racconta l’impatto scioccante dell’ondata di xenofobia sollevata dopo il referendum per la Brexit, quando gli autobus e i luoghi pubblici sono diventati il teatro di maltrattamenti quotidiani, con ordinarie persone di mezza età che si sono sentite improvvisamente autorizzate a molestare il prossimo, purché di colore. Il tema è toccato anche nel film, raccontando tutta la complessità del crescere “multilingue e multiculturale” senza però appiattire la narrazione sulle sole esperienze negative. I momenti difficili coesistono con i momenti di festa, gli scontri generazionali con il sostegno e l’amore della famiglia. Il risultato, come scrive la rivista Collider, è un film irresistibile, sentimentale senza essere stucchevole.

L’approvazione del Boss

Anche Bruce Springsteen l’ha amato moltissimo: dopo aver assistito a una proiezione privata ha abbracciato la regista, ringraziandola per essersi presa cura di lui e della sua musica ”così magnificamente”.