Danza: un’esperienza immersiva
Le tecnologie e la realtà virtuale permettono una fruizione di spettacoli e coreografie assolutamente innovativa e di grande impatto, come ha mostrato l’edizione 2025 Di Danzainfiera
Pensate di assistere a uno spettacolo di balletto. Dove vi immaginate? Seduti in platea, a teatro. Ma c’è un altro modo per “immergersi” letteralmente nella danza e nella sua coreografia. È stato presentato all’ultima edizione di Danzainfiera dalla Fondazione nazionale della danza Aterballetto. Il progetto, chiamato Virtual dance for real people, ha preso spunto dalla storia recente, dai momenti bui della chiusura dei teatri e del distanziamento sociale, per creare una nuova forma di fruizione dell’arte della danza.
Può esistere l’emozione dello spettacolo senza lo spettacolo? E può una performance di danza coinvolgere lo spettatore mentre il ballerino non è fisicamente presente?
Dentro il set
Aterballetto e Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia, in collaborazione con RE:Lab (un’azienda-laboratorio di ricerca impegnata sui temi dell’interazione tra esseri umani e tecnologie) rispondono ovviamente di sì, proponendo in modalità immersiva al pubblico della rassegna fiorentina 4 Microdanze, cioè performance brevi di uno o più ballerini, pensate da giovani coreografi di talento.
La tecnologia del video a 360 gradi e dei visori di realtà virtuale hanno permesso ai visitatori della fiera di assistere alle coreografie all’interno dei medesimi set in cui sono state realizzate: la danza dispiega tutta la sua forza visiva e lo spettatore può osservare chi danza, lo spazio che ha intorno, mentre i suoni e le musiche lo avvolgono. Lo spettatore, in pratica, sceglie il proprio device e la performance cui vuole assistere, entra fisicamente nello spazio dell’esibizione, vi ritrova alcuni elementi fondamentali (scena, oggetti, luci) ma non il corpo di chi danza, perché il ballerino si vede solo in quanto è stato filmato. Non ci sono corpi ma restano le emozioni, inclusa quella del suono, diffuso in modalità binaurale e in grado di avvolgere completamente chi lo ascolta.
Il rapporto tra spettatore e danzatore
Gigi Cristoforetti, direttore generale della Fondazione nazionale della danza Aterballetto, ha così sintetizzato in un TedX di qualche tempo fa la ricerca fatta: «L’emozione speciale che unisce un interprete e lo spettatore può anche essere addirittura amplificata dalla ricerca tecnologica. Nello spettacolo tradizionale il pubblico è sempre al di là della quarta parete, mentre nella possibilità di girare in realtà virtuale, di creare un magico box intorno all’occhio dello spettatore, abbiamo visto una condizione di prossimità, una visione del dettaglio, una possibilità di emozione che lo spettatore non ha mai». E più recentemente ha spiegato il lavoro dei coreografi coinvolti, chiamati non a adattare per la realtà virtuale delle coreografie nate per il palcoscenico, ma sollecitati a effettuare un processo di ricerca e scrittura coreografica in cui lo spettatore è integrato, è già sul palcoscenico, è già parte della ricerca creativa. Il progetto ha fatto convivere nello stesso spazio il danzatore e lo spettatore, con un’interazione anche più forte, dal punto di vista emotivo, di quella che avviene frontalmente in un teatro. Lo spettatore si trova insomma al centro della performance stessa e guarda i danzatori che sono stati filmati e che grazie alle tecnologie digitali possono essere avvicinati e allontanati da lui in modo del tutto inedito e coinvolgente. «L’immersività è una chiave nuova per vivere l’esperienza della fruizione della danza, fornendoci emozioni forti e talvolta anche perturbanti» ha dichiarato Roberto Montanari, co-fondatore e responsabile ricerca e sviluppo di RE:Lab.
In futuro assisteremo sicuramente ad altri eventi in cui l’esperienza immersiva della danza verrà mostrata e fatta scoprire al pubblico.
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