09/02/2022

Curling, scopri lo sport su ghiaccio con pietre e scope. E medaglie d’oro

Emanuela Bruno
A cura di Emanuela Bruno
Pubblicato il 09/02/2022 Aggiornato il 09/02/2022

Dopo che gli azzurri Stefania Constantini e Amos Mosaner hanno trionfato alle Olimpiadi di Pechino, sale alla ribalta una disciplina ancora poco seguita ma affascinante

Curling

Il curling è uno sport ancora poco praticato e poco seguito in Italia (i tesserati sono solo 333), nonostante un breve momento di gloria dopo che il grande pubblico l’ha scoperto ai Giochi di Torino 2006. Ma adesso che Stefania Constantini e Amos Mosaner hanno conquistato la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Pechino, nella gara di doppio misto, c’è da scommettere che attirerà più curiosi e, si spera, tanti praticanti sulla pista ghiacciata su cui avvengono le sfide.

Le origini del curling sono antichissime: nato nel Cinquecento in Scozia (ma anche i Paesi Bassi ne vantano l’invenzione), è disciplina olimpica dal 1998, dopo una prima e temporanea apparizione già nel 1924.

Per tutti, ma non da tutti

Sul sito della Federazione italiana sport su ghiaccio, cui il curling fa capo, questa disciplina viene definita completa, “per tutti, ma non da tutti”: richiede fisico allenato, buona mira, precisione, mente lucida e fredda, ma anche una perfetta comunicazione fra compagni di squadra.

A guardarlo ricorda un po’ il gioco delle bocce. Le squadre, di quattro o di due giocatori, si sfidano su un campo ghiacciato, la cui superficie è resa lievemente irregolare con strategici spruzzi d’acqua (che ovviamente si solidifica). Con una precisa alternanza fra i componenti della squadra, i giocatori devono lanciare delle “stone”, pietre circolari dotate di manico e pesanti poco meno di 20 chili, che scivolando sul ghiaccio devono avvicinarsi quanto più è possibile alla “house”, cioè un bersaglio posizionato a fine pista. Il centro della house, chiamato “button”, assegna il punteggio più alto e ogni stone può urtare e scalzare quelle avversarie, proprio come accade sul campo da bocce, conquistando una posizione migliore.

Ma le stone non scivolano semplicemente e da sole sulla pista, dopo il lancio: vengono in qualche modo guidate e aiutate (senza mai toccarle) dai compagni di squadra del lanciatore. Con l’ausilio di speciali scope (“broom”), infatti, viene grattato e reso più liscio il ghiaccio lungo la traiettoria della pietra, mentre questa si muove, facilitandone l’avvicinamento alla meta e, all’occorrenza, modificandone lievemente la traiettoria. I giocatori si muovono sul ghiaccio con speciali scarpe, una delle quali ha la suola liscia (e quindi scorre agevolmente), mentre l’altra è antiscivolo, per consentire le spinte.

Il doppio misto dei nostri campioni

Nel doppio misto, che ci ha regalato la vittoria olimpica, i due giocatori si alternano ai lanci e al lavoro di scopa nelle manche previste dalla competizione: tutti abbiamo seguito con il fiato sospeso l’ultimo tiro di Stefania Constantini e il sorriso, compiaciuto e dolcissimo, con cui la nostra atleta 23enne ha accolto il risultato decisivo. Le sue prime parole a fine gara? «È un sogno che diventa realtà. Undici vittorie, abbiamo dato il nostro meglio e combattuto fino alla fine: questa medaglia ce la siamo proprio meritata. È bella pesante perché è d’oro e alla prima Olimpiade. Tanti anni fa sognavo questo momento e l’ho realizzato: è indescrivibile veramente. Sono fiera di me stessa, ma tutti i tiri si fanno in due: il lavoro di squadra è stato eccezionale, c’è stato tanto equilibrio».