29/06/2022

Breakdance, un’emozione da provare. Parola di b-girl

Emanuela Bruno
A cura di Emanuela Bruno
Pubblicato il 29/06/2022 Aggiornato il 29/06/2022

Alessandra Chillemi è una delle top-atlete della squadra nazionale: innamorata di questo stile di ballo, lo consiglia perché è anche uno stile di vita, fatto di condivisione, amicizia ed esperienze insieme

Alessandra Chillemi - breakdance

Diventerà disciplina olimpica ai Giochi di Parigi del 2024. È nata nel Bronx dei primi anni Settanta come forma di danza di strada senza regole, senza schemi e basata sull’improvvisazione, ma oggi la breakdance è anche una disciplina inquadrata in federazioni, con gare nazionali e internazionali, giudici, punteggi e passi codificati. L’anima più pura del breaking (questo è il suo nome più corretto) rimanda però sempre alla spontaneità delle origini, al senso di libertà di giovani che fanno gruppo, si incontrano in luoghi precisi delle città, si mettono in cerchio e si sfidano fra loro, con esibizioni acrobatiche mozzafiato. È questo lo spirito di cui ci parla la 22enne Alessandra Chillemi, in arte Alessandrina, atleta di punta della Nazionale italiana che si sta preparando per l’appuntamento olimpico.

Ci sono gare aperte a tutti in cui chi ha appena iniziato a ballare può confrontarsi con i b-boys e le b-girls internazionali: imparando, condividendo e divertendosi.

Come si allena una campionessa di breaking?

Le nuove generazioni imparano in palestra, nelle scuole di danza, con un approccio diverso da quello con cui ho iniziato io, che ho imparato e sperimentavo alla stazione marittima di Messina. Noi ci alleniamo come atleti ma balliamo come artisti. Sono quindi importanti il training programmato, con la guida di un preparatore atletico, le sedute 3 volte alla settimana e le schede di lavoro per sviluppare resistenza, fiato e potenza, ma non bisogna perdere di vista il mood più vero di questo stile, che si trova sulla strada.

Che cosa intendi?

La parte più bella del breaking è quella urban: inventare esercizi insieme agli altri, in uno spirito di confronto, di sfida e di condivisione che ci riporta all’atmosfera di strada dove questo stile è nato. Io a 6 anni spiavo le acrobazie dei miei vicini di casa, ragazzi più grandi che ballavano breakdance, li copiavo, provavo a imitarli. È stato amore a prima vista. Poi mi sono unita a loro, entrando nella loro crew (gruppo), e da allora sono cresciuta e ho imparato mettendomi a confronto con altri, spesso più grandi e maschi, o con b-boys e b-girls di altri Paesi. Viaggiare e fare esperienze è importantissimo ed è entusiasmante.

Hai un tuo stile quando balli?

Punto a essere completa. Il mio punto di forza sono le acrobazie, ma anche il carisma: io devo e voglio divertire chi gareggia contro di me e il pubblico che mi guarda. Oltre agli skills, cioè alla tecnica, contano l’anima e la personalità: nelle sfide amo interagire con tutti, giuria, avversario, pubblico, e sono aggressiva, grintosa. Ma la cosa bella del breaking è che a fine combattimento siamo tutte amiche, ci diamo consigli, vogliamo crescere insieme e ci frequentiamo anche fuori dal “campo di battaglia”.

Perché consiglieresti la breakdance alle tue coetanee?

Per più di un motivo. Ti dà grandi emozioni quando balli e quando ti alleni, io non potrei vivere senza: se sono felice ho voglia di ballare, se sono nervosa mi scarico ballando… Inoltre è un vero e proprio stile di vita: chi entra in questa cultura viaggia, scopre, si arricchisce e intreccia amicizie in tutto il mondo.