27/10/2021

Disturbo disforico premestruale: quando il ciclo complica la vita

Veronica Colella Pubblicato il 27/10/2021 Aggiornato il 27/10/2021

Una piccola percentuale della popolazione soffre di una forma grave e invalidante di sindrome premestruale, i cui sintomi non vanno sottovalutati. Ecco di cosa si tratta e a chi rivolgersi

Shot of an attractive young woman lying in bed with cramps

Gonfiore, irritabilità, mal di testa, l’ebbrezza di vivere sempre a un passo dalla crisi di pianto, per non parlare di quella voglia matta di prendere d’assalto la corsia delle patatine… i malesseri legati alla seconda metà del ciclo non sono certo una novità.

A dispetto dello scetticismo di chi pensa che siano tutte scene, la sindrome premestruale esiste davvero e a farci i conti è più della metà delle donne in età fertile. Nella maggior parte dei casi i sintomi fisici e psicologici che segnano l’entrata nella fase luteale, ovvero i 7-10 giorni tra l’ovulazione e l’arrivo del flusso, sono di entità lieve o moderata. Un insieme di piccoli o grandi fastidi che possono includere i classici sbalzi d’umore e le esplosioni di acne, ma anche ansia e depressione.

All’incirca un 3-8% della popolazione è afflitta da una forma più grave e invalidante degli stessi sintomi, con ripercussioni molto serie sulla qualità della vita. Si tratta del disturbo disforico premestruale, riconosciuto in tempi recenti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Quali e quanti sintomi?

Per poter stabilire che si tratti proprio di disturbo disforico premestruale, specifica il DSM-V (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, devono essere presenti almeno 5 sintomi distintivi fisici o comportamentali più 1 di carattere psicologico.

Nella prima categoria rientrano, tra gli altri:

  • ritenzione idrica e/o aumento di peso

  • Aumento dell’appetito

  • Alterazioni della pelle

  • Cefalee

  • Sintomi fisici come l’indolenzimento o la tensione al seno, dolori muscolari e articolari

  • Mancanza di interesse per le attività abituali

  • Difficoltà di concentrazione

  • Affaticamento, mancanza di energia

  • Disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia)

Nei sintomi di carattere psicologico rientrano invece:

  • Marcate oscillazioni nel tono dell’umore

  • Collera e aumento dei conflitti interpersonali

  • Umore estremamente depresso, sentimenti di disperazione e forte tendenza all’autocritica

  • Ansia e tensione eccessive

Non siamo nate per soffrire

«A fare la differenza tra il disturbo disforico premestruale e altri disturbi depressivi è l’andamento ciclico dei sintomi» spiega la dottoressa Manuela Farris, ginecologa e membro della Società italiana di ginecologia dell’infanzia e dell’adolescenza (SIGIA). «Proprio come nel caso della sindrome premestruale, tendono ad attenuarsi e scomparire con l’arrivo del flusso. Per chi ne soffre però il disagio è così forte da interferire con la vita quotidiana, ecco perché è consigliabile rivolgersi a un esperto». La tendenza a sottovalutare o sminuire l’entità di questi disturbi è figlia di vecchi pregiudizi sulla natura femminile, quasi come se la sofferenza fosse un destino ineluttabile. Invece, è bene sapere che esistono trattamenti che possono migliorare sensibilmente la qualità della vita.

A chi rivolgersi

«Nel dubbio, meglio rivolgersi al ginecologo. Per arrivare a una diagnosi generalmente si chiede alla paziente di tenere dei diari mestruali con almeno due cicli registrati, in modo da poter tracciare l’insorgenza della problematica ed escludere altre condizioni che non mostrano variazioni cicliche. Il secondo specialista a cui rivolgersi è un esperto in salute mentale, in modo da poter affiancare alla terapia ormonale anche la terapia cognitivo-comportamentale o il counseling psicologico» raccomanda l’esperta. «Le proposte di terapia possono variare dall’uso della pillola anticoncezionale a base di drospirenone a una serie di integrazioni alimentari: sono ottimi alleati l’agnocasto, la vitamina B6, il magnesio e l’Erba di San Giovanni. Una seconda linea d’intervento prevede l’utilizzo di cerotti all’estradiolo e del progesterone micronizzato (la stessa terapia proposta in menopausa) o l’utilizzo di sistemi intrauterini come la spirale ormonale. Non è escluso che lo specialista di riferimento prescriva anche antidepressivi, da prendere all’occorrenza o in maniera continuativa».