26/10/2017

Il glucosio nel sangue

Gli zuccheri o carboidrati, dunque, sono sostanze fondamentali per il nostro corpo. In un’alimentazione corretta almeno la metà delle calorie dovrebbe provenire proprio dagli zuccheri, specie quelli complessi.

Eliminarli dalla dieta obbliga l’organismo a produrli dalle proteine, ossia consumando massa muscolare. Solo in questo modo, infatti, si può garantire il buon funzionamento del cervello, che utilizza prevalentemente glucosio come fonte di energia.

Ma non è corretto nemmeno esagerare, altrimenti si favorisce la produzione di grasso e l’aumento di peso. Ecco allora come regolarsi.

Che cos’è la glicemia

Per glicemia si intende la concentrazione di glucosio nel sangue. La principale fonte di glucosio per il nostro organismo è costituita dagli alimenti: gli zuccheri semplici, come frutta, dolci in generale (caramelle, gelati, marmellate eccetera) e miele, ma soprattutto quelli complessi, come cereali (mais, frumento, orzo, farro, quinoa, riso), legumi (piselli, fagioli, lenticchie, ceci, fave, lupini) e tuberi (patate e topinambur). Molti prodotti da forno, come biscotti e torte, contengono sia zuccheri semplici sia complessi.

Il glucosio può anche essere sintetizzato all’interno dell’organismo stesso a partire dalle proteine.

È quanto accade in condizioni di digiuno prolungato, dove si sacrifica la massa muscolare per produrre il glucosio di cui il corpo ha bisogno.

Per il nostro benessere è importante che la glicemia si mantenga entro certi limiti minimi e massimi: non deve, insomma, essere né troppo bassa né troppo alta. L’organismo di una persona sana riesce a mantenere molto bene questo equilibrio.

I livelli corretti a digiuno

In condizioni normali, i livelli di glicemia a digiuno si attestano fra i 60 e i 100 milligrammi per decilitro di sangue (mg/dl).

Quando in almeno due misurazioni di laboratorio, i valori di glucosio nel sangue dopo almeno otto ore di digiuno superano questo limite significa che c’è qualcosa che non va.

Una glicemia a digiuno compresa fra 100 e 125 mg/dl è definita “alterata glicemia a digiuno” o Ifg: in pratica, in questi casi si ha una glicemia a digiuno più alta del normale, ma non così alta da da far diagnosticare la presenza di diabete. L’Ifg è considerata una condizione di pre-diabete.

Si può parlare, invece, di diabete vero e proprio quando il livello di glicemia a digiuno, controllato almeno due volte in laboratorio, è uguale o superiore a 126 mg/dl.

Un’impennata dopo i pasti

Il valore della glicemia non rimane stabile nell’arco delle 24 ore. Per esempio, è normale che subisca un’impennata dopo i pasti, soprattutto se ricchi di carboidrati e in particolare di carboidrati semplici.

Tuttavia, è bene sapere che nelle persone sane difficilmente il livello di glucosio dopo i pasti supera i 140 mg/dl.

Maggiore è il contenuto di carboidrati del pasto (carico glicemico) e maggiore la proporzione di carboidrati semplici, maggiore sarà l’aumento della glicemia durante la digestione.

Per capire come una persona risponda all’ingestione degli zuccheri si può effettuare il carico orale di glucosio.

Se la glicemia, due ore dopo il carico orale di glucosio, è compresa tra 140 e 199 mg/dl, si parla di ridotta tolleranza al glucosio o Igt. In pratica, la persona non ha ancora il diabete, ma è ad alto rischio di sviluppare la malattia. Anche l’Igt è considerata una condizione di pre-diabete.

Se la glicemia, due ore dopo il carico orale di glucosio, è 200 mg/dl o più, allora si pone la diagnosi di diabete vero e proprio.

I meccanismi regolatori

L’organismo è dotato di un meccanismo di regolazione che consente di mantenere relativamente costante la glicemia durante l’arco della giornata, gestendo sia l’utilizzo immediato degli zuccheri sia il loro immagazzinamento nei tessuti.

La regolazione della glicemia avviene a opera di specifici ormoni:

– l’insulina, un ormone ipoglicemizzante, indispensabile per il metabolismo degli zuccheri, che abbassa la glicemia quando troppo alta;

 gli ormoni iperglicemizzanti, che alzano la glicemia quando è troppo bassa. Il principale è il glucagone: in caso di abbassamento della glicemia agisce facendo rilasciare zuccheri dai depositi nel fegato.

Durante i periodi di digiuno prolungato la secrezione di glucagone raggiunge il picco massimo. Questa sostanza interviene anche dopo i pasti, nel tardo postprandiale, per equilibrare l’azione dell’insulina, evitando così l’abbassamento eccessivo della glicemia.

Questo meccanismo può essere influenzato anche dal sistema nervoso. Basti pensare che uno stress acuto comporta la liberazione, da parte dei surreni, di adrenalina e noradrenalina, due ormoni che provocano un aumento della glicemia. Anche il cortisolo, rilasciato in caso di stress cronico, e l’ormone della crescita hanno lo stesso effetto.

Il ruolo dell’insulina

L’insulina è un ormone secreto dalle cellule ß (beta cellule) del pancreas, un gruppo di cellule contenute nelle isole di Langherhans, che sono letteralmente delle isole di tessuto endocrino, circondate dal tessuto esocrino del pancreas. Quest’ultimo produce i succhi pancreatici, indispensabili per la digestione soprattutto dei grassi.

L’insulina ha un ruolo indispensabile nella regolazione del metabolismo degli zuccheri: infatti, permette agli zuccheri introdotti con l’alimentazione di entrare nelle cellule dove sono usati per produrre energia oppure, se essi sono in eccesso, di arrivare ai muscoli e al fegato, dove vengono trasformati in glicogeno, una riserva energetica.

Se si eccede con i carboidrati a tavola, superando le possibilità di immagazzinamento del glucosio in eccesso sotto forma di glicogeno, l’insulina facilita la trasformazione dei carboidrati in trigliceridi che verranno accumulati nel tessuto adiposo o grasso.

Inoltre, l’insulina determina il deposito nel tessuto adiposo dei trigliceridi presenti nei grassi alimentari.

Se l’insulina manca o se i tessuti rispondono meno prontamente al suo stimolo (si parla allora di insulino-resistenza), gli zuccheri e i grassi introdotti con l’alimentazione non vengono trasformati e smaltiti nel modo corretto e si accumulano nel sangue. Il risultato? I livelli di glucosio e trigliceridi si innalzano.

Come funziona

Una quota di insulina, definita “basale”, è sempre presente nell’organismo: viene rilasciata di continuo dal pancreas e serve per regolare la produzione di glicogeno e di glucosio.

In occasione dei pasti, poi, in risposta all’introduzione di zuccheri semplici o complessi (secrezione prandiale), viene rilasciata rapidamente una grande quantità di insulina, che permette di gestire “al momento” gli zuccheri introdotti nell’organismo attraverso l’alimentazione.

Per essere pronte al rapido rilascio di insulina, le cellule beta del pancreas la immagazzinano in piccoli granuli al loro interno: appena vengono ingeriti zuccheri, i granuli la rilasciano nel sangue.

In realtà, il pancreas inizia a rilasciare insulina addirittura prima che si ingeriscano zuccheri, ovvero alla sola aspettativa di mangiare: stimoli dal cervello fanno rilasciare insulina anche semplicemente alla vista o all’odore del cibo.

Ci sono anche le incretine

In seguito all’ingestione di cibo, nella prima parte dell’intestino (duodeno) sono prodotte e immesse nel sangue le incretine, ormoni che favoriscono la secrezione dell’insulina e l’inibizione della produzione di glucagone.

In particolare, l’incretina più coinvolta in questo processo è il Glp-1, che stimola la secrezione di insulina soprattutto durante i pasti, senza indurre ipoglicemia (calo eccessivo della glicemia) e senza stimolare in maniera aggressiva le cellule beta, cosa che a lungo andare potrebbe danneggiarle.

La produzione di Glp-1 diminuisce con l’abbassarsi della glicemia: poiché la sua attività nel sangue dura solo uno-due minuti, la sua azione sulla glicemia è calibrata e “al bisogno”.

Le incretine prodotte durante il pasto vengono poi degradate rapidamente dall’enzima Dpp-4.