Festa del cinema di Roma 2025: la storia di Willy è una ferita ancora aperta
Presentato nel Concorso Progressive Cinema della 20esima Festa del Cinema di Roma, il film 40 secondi di Vincenzo Alfieri che ricostruisce le 24 ore che precedono l’omicidio di Willy Duarte Monteiro
In occasione del quinto anniversario della scomparsa di Willy Monteiro Duarte, Eagle Pictures (la stessa casa di produzione de Il ragazzo dai pantaloni rosa) porta al cinema (dal 19 novembre) 40 secondi diretto da Vincenzo Alfieri. Il film, tratto dal libro 40 secondi. Willy Monteiro Duarte. La luce del coraggio e il buio della violenza di Federica Angeli (Baldini+Castoldi), è stato presentato nel Concorso Progressive Cinema della 20esima Festa del Cinema di Roma.
A interpretare Willy è Justin De Vivo, per la prima volta sullo schermo. Per restituire autenticità alla storia, infatti, si è scelto di realizzare uno street casting e di affiancare attori professionisti a volti noti.
Nel cast troviamo Francesco Gheghi, Enrico Borello, Francesco Di Leva, Beatrice Puccilli, Giordano Giansanti, Luca Petrini, Sergio Rubini e Maurizio Lombardi.
Un doloroso fatto di cronaca
40 secondi ricostruisce le 24 ore che precedono la notte del 5 settembre 2020, quando un litigio per un semplice equivoco si trasforma in un pestaggio di una violenza inaudita ai danni di Willy Monteiro Duarte, un ragazzo di ventuno anni che, in 40 secondi, viene ucciso.
Un terribile e doloroso fatto di cronaca che nessuno di noi può dimenticare e che rimane una ferita aperta.
Il film, è importante precisarlo, evita ogni spettacolarizzazione, scegliendo un linguaggio diretto, vicino ai più giovani, preferendo porre domande piuttosto che offrire risposte.
La parola a regista e cast
«Penso sia importante portare qui alla Festa del Cinema di Roma questo film» – esordisce il regista Vincenzo Alfieri (noto al grande pubblico anche come attore) – «All’inizio, quando mi è stato proposto di farlo, ero un po’ titubante perché del caso ne avevano già parlato tanto i giornali. Poi, pensando al fatto che il libro di Federica Angeli è di inchiesta e non narrativo, mi è venuta l’idea di fotografare dei personaggi in una loro tipica giornata durante una torrida estate post-covid. Il film ha un taglio documentaristico, perchè mi interessava catturare le microespressioni degli attori. Ci ho messo un po’ del mio vissuto (dato che vengo anch’io da uno di quei paesi in cui la noia la fa da padrona e possono crearsi delle situazioni spiacevoli), ma anche degli adolescenti di oggi. La cosa che mi colpisce è che ormai siamo anestetizzati di fronte alla violenza: basti pensare ai social dove si scrollano passivamente post, passando da quelli dal contenuto violento alle pubblicità».
«Questo è un film forte, in cui si parla anche dell’incomunicabilità generazionale. Di base c’è una sceneggiatura ben scritta, ma sul set Vincenzo ci ha dato molta libertà. È stata una modalità di lavoro nuova per me» – spiega Francesco Gheghi.
«Ci sono dei film che, a mio avviso, vanno scelti non tanto per il ruolo bensì per la possibilità di dire da che parte stare. E, data la mia natura non solo come attore ma anche come cittadino, non potevo non essere qui a gridare “sto dalla parte di Willy!”» – sottolinea Francesco Di Leva.
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